La testimonianza di Oreste

Che cosa provoca in una persona che sconta una pena il fatto che ci siano degli altri che si prendono cura di lui?

Ce ne parla, in un libro che s’intitola “Il rapinatore gentile” uno dei nostri soci, Oreste, tra i principali sostenitori delle iniziative de La goccia di Lube, ora che lui è tornato un libero cittadino. Ecco che cosa scrive dei volontari che andavano a trovare lui e altri suoi compagni di carcere. E’ ciò che molti che scontano la pena con misure alternative provano quando si vedono aiutati da noi nella ricerca di un lavoro.

Riprendere ad avere fiducia in sé stessi è decisivo, ma uno la fiducia non se la dà da solo. Occorre un altro che ti dica “tu vali”. Cominciai a capire (…) perché a ritmi persino settimanali venissero a trovarci direttamente nella nostra sezione molti volontari che col carcere non avevano proprio nulla a che fare. Perché venivano? Perché portavano con loro così tante personalità del mondo esterno a incontrare proprio noi, galeotti, privati della libertà fisica, delinquenti, omicidi o autori di femminicidi, rapinatori come me, ladri, spacciatori di droga ad alto e medio livello? Tra il 2012 e il 2013 quando cominciai i miei studi universitari un gruppo di volontari, attraverso la visione di film e l’incontro diretto con imprenditori, scienziati, scrittori e magistrati ci parlò dell’importanza della fiducia come fonte sempre fresca per la vita, in qualsiasi condizione essa sia vissuta. Non sembrava vero avere con noi così tante persone importanti, arrivate lì solo per parlarci.”

tratto da Il rapinatore “gentile” – L’avventura di Oreste: le banche, il carcere e il senso della vita, di Adriano Moraglio, edizioni Rubbettino

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