Randagi o cani di quartiere? Il punto sui cani di basse stura
RANDAGI O CANI DI QUARTIERE? IL PUNTO SUI CANI DI BASSE STURA
Per bizzarra coincidenza in questi giorni si sono verificate una serie di sollecitazioni sulla problematica della presenza di cani vaganti che stazionano all’interno del parco dell’Arrivore e del parco Stura a Torino. La tempistica ravvicinata, i toni polemici e il fatto che esse non siano pervenute ai nostri recapiti, conosciutissimi quando serve, fa più pensare ad una speculazione, politica o peggio, ma è giusto nei confronti dei cittadini fare chiarezza almeno per quanto ci riguarda, non lasciando a far confusione i pettegolezzi e le dichiarazioni ufficiose.
Innanzitutto non c’è disinteresse. La questione è fattivamente monitorata e costantemente seguita da Città di Torino e dalla ASL competente, con il supporto di E.N.P.A. Torino quale soggetto gestore (non decisore) del servizio. Lo dimostrano gli oltre 100 cani (molti cuccioli) da noi raccolti negli anni in quella zona e le innumerevoli azioni (anche notturne, con gli ovvi limiti dettati dal contratto di lavoro nazionale) di tentata cattura tramite gabbia trappola che è il miglior sistema attuabile.
Infatti le operazioni sono rese complicate da un’areale urbano ampio con strade, ponti, anfratti, tratti di fiume che può rendere pericoloso per gli stessi animali, oltre che per gli operatori, l’utilizzo di altre modalità di cattura. Al di là delle fantasiose proposte fatte di droni, sparo di quei dardi narcotizzanti che si usano nella savana e via di seguito, il problema di fondo sono le interferenze.
Ciò è palesato e ben dettagliato in comunicazioni ufficiali del Comune di Torino, che non si nasconde e risponde ai cittadini, che evidenziano quanto la programmazione di progetti risolutivi sia stata spesso vanificata da azioni improvvisate. Non mancano infatti personaggi più o meno pittoreschi, spesso in contrasto o contraddizione fra loro, con competenze discutibili ed affidabilità incerta, visto che talvolta danno per morti cani che sono vivissimi. Questi volontari “fai da te”, distribuendo cibo e disperdendo i punti di somministrazione, hanno di fatto ampliato il problema, trasformando quei cani randagi, quasi tutti discendenti dalle realtà dei campi rom che gravitavano in zona, in “cani di quartiere”, una modalità attuabile solo in ambiti rurali e che è normativamente prevista in qualche Regione del sud Italia.
Pur nel rispetto dei fini compassionevoli che animano queste azioni, chi le perpetra non può, poi, lamentarsi della problematica rifugiandosi nella sterile polemica dei qualunquismi, nell’addossare ad altri la mancanza di risoluzione, nel pretendere che venga risolta a modo suo.
Mettere questi cani in un normale canile, va detto, non è assolutamente possibile. Come valutato da titolati veterinari comportamentisti, vista la selvaticità acquisita, in tale situazione i randagi avrebbero patito molto, rischiando di andare incontro alla morte. A questo proposito in via Germagnano è in predisposizione dall’Ufficio Tutela Animali del Comune di Torino una grossa area aperta, in grado di ospitarli e tenerli al sicuro, recintata ai lati, ma senza gabbie. C’è anche, almeno nelle intenzioni espresse, la disponibilità di alcune associazioni animaliste che hanno dichiarato il loro assenso a partecipare alla ricerca e alla cattura dei quattro zampe. Vedremo.
Pertanto ENPA Torino, oltre a rimanere a disposizione per qualsiasi chiarimento o seria proposta di collaborazione all’indirizzo torino@enpa.org , darà nuovo impulso alle attività e solleciterà certamente le Istituzioni preposte al processo risolutivo di questo problema che, ovviamente, non è che uno dei mille che si affrontano ogni giorno.
Marco Bravi
Presidente E.N.P.A. Torino