PSICHE, SERVE AGIRE PRIMA SE VOGLIAMO BLOCCARE LA SPIRALE DEL DISAGIO
L’articolo esamina le diverse problematiche che emergono dal malessere della psiche: scuola, i servizi sanitari, il welfare, il mondo del lavoro. Pensiamo sia utile proprio a chi è nel mondo del lavoro, per non subire mobbing…
Fonte: huffingtonpost.it – articolo di David Lazzari – 7 febbraio 2023
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In Italia la psicologia e gli psicologi vengono utilizzati nel pubblico quasi solo a valle della spirale che dal malessere porta alla malattia, mentre se vogliamo mettere in campo una strategia efficace dobbiamo creare una rete psicologica in grado di prevenire
L’aumento delle forme di disagio psicologico è sotto gli occhi di tutti. E la scienza ci dice, dati alla mano, che questa situazione condiziona negativamente lo sviluppo e il futuro dei bambini e degli adolescenti, l’inserimento nella vita e nel lavoro dei giovani, la salute e gli equilibri adattivi degli adulti, la qualità della vita degli anziani.
Ricerche che hanno seguito ampie popolazioni di tutte le età per molti anni ci dicono che il disagio psicologico è uno dei fattori di rischio più importanti per la comparsa di malattie mentali e fisiche, di problemi relazionali, affettivi, lavorativi, di gestione dei diversi ambiti della vita. I costi umani e socioeconomici sono enormi.
Poiché la dimensione psicologica ricomprende ciò che ci rende persone e non solo organismi biologici, si rende evidente la differenza che c’è tra una psiche “aperta”, “accesa” e consapevole e una psiche sofferente e “chiusa” nel fare la differenza nei percorsi di vita, nella capacità di impegnarsi e realizzarsi, di partecipare responsabilmente alla comunità, di gestire la salute. I dati disponibili hanno fatto cadere l’idea che benessere materiale e psicologico coincidono, evidenziando piuttosto un trend crescente di problemi e disturbi psicologici in tutti i Paesi a elevato e medio reddito, con un aumento significativo in corrispondenza della pandemia che ha generato un’onda lunga di forme di disagio i cui effetti stiamo cominciando a registrare.
Già prima della pandemia l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva stimato che nel 2030 i problemi di salute di natura psicologica nei Paesi a reddito più elevato, tra i quali l’Italia, sarebbero stati la prima causa di spesa tra tutti i problemi di salute, in termini di costi per la società (disabilità, giorni di lavoro persi, costi sanitari). In termini di disabilità (minore efficienza nella vita) il costo dei disturbi psicologici rappresenta un quarto di tutti i problemi di salute, negli ultimi 30 anni si è avuto un incremento di oltre il 50% del peso di questi problemi che ha riguardato soprattutto la fascia dai 10 ai 29 anni. Considerando solo il costo della disabilità, i disturbi psichici in Europa salgono al primo posto col 36,1% (OMS Europa 2018) e il 60% di questo costo è rappresentato dai più comuni problemi di ansia e depressione. I dati epidemiologici ci mostrano un rapporto chiaro tra malessere psicologico nell’infanzia e nell’adolescenza e problemi sociali e di salute nell’età adulta: circa la metà delle patologie mentali dell’età adulta hanno origine prima dei 15 anni d’età e nel periodo 15-29 anni il 75% dei problemi di salute è di natura psicologica. Se si considerano questi dati e le più recenti rilevazioni post pandemia si comprendono tre elementi essenziali:
-Le cure delle malattie mentali e dei disturbi psicologici più comuni sono fondamentali e vanno assicurate dal pubblico non solo con i farmaci (come è oggi) ma anche con trattamenti psicologici/psicoterapici, spesso più efficaci e con effetti di più lunga durata.
-Ma la risposta “a valle” in termini di cura non basta e non sarà sostenibile dalle risorse pubbliche se non si crea un nuovo paradigma, un focus centrato “a monte”, sul prima, basato sulla triade “prevenzione-protezione-promozione”. Non ci si ammala in un giorno e dobbiamo ridurre il tasso di “malattia”.
-Il disagio si contrasta non solo intercettandolo precocemente ma potenziando le risorse psicologiche positive degli individui, delle famiglie, dei gruppi, delle organizzazioni e delle comunità, promuovendo il benessere e le capacità di affrontare le situazioni. La resilienza non è uno slogan ma un insieme di abilità psicologiche potenziabili.
In Italia la psicologia e gli psicologi vengono utilizzati nel pubblico quasi solo a valle della spirale che dal malessere porta alla malattia, mentre se vogliamo mettere in campo una strategia efficace dobbiamo creare una rete psicologica in grado di agire prima, che poi sarebbe la principale vocazione della professione psicologica, che nasce focalizzata sul favorire (a livello individuale e collettivo) uno sviluppo sano ed equilibrato, promuovere le potenzialità e capacità psico-comportamentali, migliorare le risorse intellettive ed emotive individuali e collettive, intercettare precocemente il disagio e dare strumenti di auto-gestione.
Oggi serve questa visione che sintetizzo in tre parole: “psiche, agire prima”. A mio avviso l’unica credibile in termini “costo-benefici”, che si concretizza soprattutto sulla creazione di una rete per lo sviluppo della psiche, che faccia perno sulla scuola, i nuovi servizi sanitari e del welfare, il mondo del lavoro.
Altrimenti il sistema, diciamocelo francamente, rischia di dare risposte vecchie, frammentate, parziali e non riuscirà ad affrontare il problema in termini di sostenibilità, efficacia e giustizia sociale.