SINDROME DI BORE OUT
Ecco una nuova parola nel vocAbolario del mondo del lavoro e dei disagi che si possono provare. Nasce dall’interno del lavoratore e non da vessazioni psicologiche, non è burnout, ma bisogna stare comunque attenti…
Fonte: Mammastyle.it – articolo di Guendalina Bonito – 6 Marzo 2023
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Sintesi a cura della redazione Risorsa
Una sindrome non semplice da superare che genererebbe disagi soprattutto sul lavoro: ecco cos’è il Bore Out.
Il Bore Out è una sindrome che ci fa pensare nel nome a burnout, ma tra le due problematiche intercorrono tantissime differenze. Il burnout è infatti ciò che viene definita “sindrome da esaurimento professionale”. Il Bore Out, invece, è una sindrome diversa che tocca un altro aspetto della vita professionale e si riversa diversamente su fisico e mente. Della sindrome Bore Out hanno argomentato la prima volta due consulenti svizzeri nel 2007, Peter Werder e Philippe Rothlin nel volume Diagnose Boreut. Si tratta, in sintesi, di uno stato di noia cronica che si sviluppa in ambito lavorativo. Sul luogo di lavoro potrebbero sopraggiungere i presupposti per uno stato di demotivazione, tedio, che sembra bloccare ogni voglia di andare avanti da parte dell’individuo.
Il Bore Out porta noia e tristezza sul lavoro. Ci si sente ingabbiati in una condizione che sembra di non ritorno, con la “consapevolezza” di non riuscire a raggiungere un progresso personale. Inabilità a reagire agli stimoli, spesso la non possibilità di cogliere i segnali di stimolo.
La sindrome, viene però, la maggior parte confusa, erroneamente, come un semplice e fisiologico nonché transitorio periodo di stress. Ma non è così. Una sindrome che sopraggiunge nel momento in cui il lavoro che stiamo svolgendo si rivela quello per cui non vogliamo dedicare la vita. Magari si è lottato tanto per raggiungere una specifica posizione e svolgere una determinata mansione. Ma quando la si raggiunge, quello per cui si sperava si rivela noioso e non calzante per noi. Quindi subentra questa sindrome che ci rende inetti, privi di aspettative. Ci si reca in ufficio con la speranza che finisca presto la giornata di lavoro, contando, addirittura, ore e minuti al termine.
Ecco come uscire da questa condizione: il lavoro serve per vivere, non viceversa!
La noia sopraggiunge, quello che portavamo a termine con estrema velocità e facilità ciò sembra ora necessitare di tempi dilatati. Un vero e proprio rallentamento del tempo del lavoro che comporta un disinteresse nei confronti di esso. I risultati alla fine si raggiungono pure, ma non danno la stessa soddisfazione di prima. Si è indifferenti, in poche parole. Non è semplice uscire da questa condizione, soprattutto se non ci si affida ad esperti. Piccoli suggerimenti, però. potrebbero fare la differenza. Innanzitutto, bisogna tener bene in mente che il lavoro è solo una piccola parte della propria esistenza, anche se nelle ore porta via tanto tempo, in realtà il lavoro serve proprio a poter raggiungere i propri obiettivi personali.
Non bisogna farsi contagiare da coloro che spingono tanto nel lavoro e unicamente in quello. Potrebbe trattarsi di persone che hanno solo quello, che sono sole, che non sono circondate da affetti, che riescono ad ottenere risultati soddisfacenti solo lavorando. La vita è fatta, insomma, di tanto altro.
Quindi sì darsi degli obiettivi sul lavoro, ma non bisogna morbosamente raggiungerli e ottenere il doppio di quello che si dovrebbe solo perché si tratta di lavoro. Prendere e trattare quest’ultimo per quello che è – un mezzo per vivere appunto e non la ragione di vita – è il mood giusto.