MOBBING PER AVER DONATO IL SANGUE
L’articolo consente diversi spunti di riflessione. Primo: la testimonianza si svolge in una regione come la Sardegna che, per sue meravigliose caratteristiche sembra distante dai problemi di lavoro e di mobbing.. Secondo: la tradizionale accoglienza dei suoi abitanti contrasta col comportamento di questo datore di lavoro. Terzo: emerge il totale disprezzo per la funzione sociale delle donazioni di sangue che, in teoria, viene tutelata. Quarto: anche se il lavoratore non ne fa la ragione principale della vicenda, il trasferimento ad un luogo di lavoro distante non è mai un gesto accettabile (Commento della redazione Risorsa)
Fonte: castedduonline.it – articolo di Valeria Putzolu – 24 gennaio 2023
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Mobbing per aver donato il sangue”: l’incredibile storia di un vigilantes che, dopo aver avvisato l’azienda per la quale lavora di assentarsi per recarsi al centro prelievi, denuncia di essere stato “oggetto di una punizione silenziosa con turni di lavoro distanti 50 chilometri dal mio domicilio dove solitamente lavoravo da 3 anni”.
L’uomo, residente nel Medio Campidano, ha già segnalato il fatto al sindacato e, se la “persecuzione” non dovesse terminare, è pronto per ulteriori provvedimenti.
“Mi chiamo Tore (nome di fantasia) e sono un donatore di sangue, voglio denunciare pubblicamente il comportamento scorretto che spesso nel mondo del lavoro succede (specialmente nella società in cui lavoro) a noi donatori.
I fatti che citerò sono dimostrabili.
Sono dipendente di una società di vigilanza da 4 anni circa, svolgo da 35 anni questo lavoro. A dicembre comunico via mail all’ufficio servizi la data della mia donazione, con largo anticipo, in modo tale da potersi organizzare e non creare disagi.
Il giorno dopo ricevo una mail dall’ufficio servizi, dove mi è stato comunicato che, a causa della mia assenza, sarebbero stati modificati i turni di servizio, nello specifico i miei avrebbero subito delle variazioni.
Un po’ perplesso per la decisione presa, ho pensato che si trattasse solo per i giorni inerenti alla donazione. Invece, a distanza di un mese, continuo ad essere oggetto di una punizione silenziosa con turni di lavoro distanti 50 chilometri dal mio domicilio dove solitamente lavoravo da 3 anni.
Mi chiedo: ma è possibile che al giorno d’oggi, che si cerca di sensibilizzare il più possibile le persone a donare ci siano ancora aziende che utilizzano questi metodi per far si che nessuno doni per non mancare dal lavoro?
Tengo a precisare che non contesto la destinazione di lavoro, l’azienda ne ha piena facoltà: CONTESTO LA MOTIVAZIONE”.
Insomma, una situazione che creerebbe non pochi disagi al lavoratore: “Ho già parlato della situazione al mio rappresentante sindacale e mi ha comunicato che, se dovessero continuare queste vessazioni, sarò costretto a denunciare il fatto anche all’ispettorato del lavoro”.