STRESS DA LAVORO CORRELATO: LA GESTIONE A LIVELLO ITALIANO E COMUNITARIO
Lo stress lavoro correlato è spesso un effetto di azioni di vero e proprio mobbing. Ma al di là di questa particolarità, lo stress è, di per se stesso, un elemento che riguarda tutto il tema della sicurezza sul lavoro. Questo articolo ( Link: https://focusicilia.it/stress-da-lavoro-correlato-la-gestione-a-livello-italiano-e-comunitario/) mette in evidenza che, al di là della nota Convenzione ILO 190, la Commissione Europea ha emesso una serie di direttive per aggiornare gli accordi esistenti, nel quadro strategico 2021-202. Anche la legislazione italiana dispone di norme riguardanti la sicurezza sul lavoro e il rapporto tra questa e il fenomeno dello stress, in particolare per gli operatori della sicurezza. Vengono qui trattati sia da un punto di vista giuridico che psicologico, oltre che di organizzazione del lavoro
Fonte: focusicilia.it – articolo di Giancarlo Ricci e Fiorella Manciagli – 22 dicembre 2022
Il fenomeno determina circa la metà di tutti i giorni di lavoro persi e si è recentemente aggravato a causa della crisi economica e del maggiore utilizzo delle tecnologie. La Commissione europea invita ad aggiornare gli accordi esistenti entro il 2023
Nel linguaggio comune, con il termine stress si intende la tensione nervosa, il logorio o l’affaticamento psicofisico cagionati da fattori e circostanze esterne che pregiudicano la salute di un soggetto. Questa problematica è sempre stata avvertita dall’uomo che ha provato nel corso dei secoli a comprendere e, successivamente, a disciplinare il fenomeno. In particolare molteplici studi hanno concentrato il loro interesse sul cosiddetto stress da lavoro correlato, vale a dire la situazione di disagio patologico in cui incorre il lavoratore a causa dello stress procurato dalla prestazione lavorativa o dal luogo di lavoro. I dati al riguardo sono interessanti: “Metà dei lavoratori dell’Ue considera che lo stress sia comune sul luogo di lavoro e contribuisce a circa la metà di tutti i giorni di lavoro persi” (fonte: Commissione Ue nel documento del 28/6/2021 “Quadro strategico dell’Ue in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021-2027”). Un problema che, secondo la Commissione, si è recentemente aggravato a causa della crisi economica e del maggiore utilizzo delle Tecnologie dell’Informazione e Comunicazione e che, la stessa Commissione, invita ad affrontare “aggiornando entro il 2023 gli accordi esistenti a livello intersettoriale e settoriale per affrontare i rischi psicosociali”.
La gestione dello stress da lavoro correlato
Spesso lo stress viene frainteso, stigmatizzato o sottovalutato, mentre se fosse considerato
come un problema aziendale anziché una colpa individuale, verrebbe gestito come qualsiasi
altro rischio per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro. A stabilire la portata di dovere giuridico della gestione dello stress lavorativo è stata la direttiva quadro 89/391/Cee, ma è stato anche ribadito dagli accordi quadro tra le parti sociali sullo stress lavoro-correlato e sulle molestie e la violenza sul luogo di lavoro. Anche il patto europeo per la salute e il benessere mentale siglato a Bruxelles il 13 giugno 2008 riconosce che “il ritmo e la natura del lavoro si stanno modificando, determinando tensioni a livello di salute mentale e benessere” e che occorre “migliorare la produttività sfruttando il potenziale inutilizzato a causa dello stress e delle malattie mentali” invitando “i responsabili politici, le parti sociali e altri portatori di interesse a prendere misure a sostegno della salute mentale sul luogo di lavoro”.
La legislazione italiana
Il legislatore italiano, recependo la normativa comunitaria in materia di salute e sicurezza
sul posto di lavoro, con il D. Lgs. n. 81/2008 ha definito la salute del come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità”. La ratio sottesa alla norma è quella volta a tutelare non solo la malattia propriamente detta, ma anche quella situazione derivante dal malessere cagionato dalla attività lavorativa, quando si materializza in attività svolte in contesti di emergenza e di pressione psicologica particolarmente stressante. Per ridurre al minimo quei fattori di rischio da cui proviene lo stress da lavoro correlato, il D. Lgs. n. 81/2008, d’un canto, disciplina normativamente un sistema finalizzato a comprendere quali siano effettivamente questi fattori e, d’altro canto, individua delle regole volte a migliorare i modelli organizzativi delle imprese. In particolare, il primo comma dell’art. 28 del predetto decreto dispone che: “la valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), […] deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004”.
Valutazione e monitoraggio dello stress
A ciò si aggiunga quanto previsto dal successivo comma I bis del medesimo articolo, ai sensi del quale la valutazione dello stress lavoro-correlato è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui all’articolo 6, comma VIII, lettera m-quater. Quest’ultima disposizione normativa obbliga la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, un organo istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche, a “elaborare le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato” nonché di monitorare “l’applicazione delle suddette indicazioni metodologiche al fine di verificare l’efficacia della metodologia individuata, anche per eventuali integrazioni alla medesima”.
Gli operatori della sicurezza
Particolarmente interessante è il rapporto tra lo stress lavoro correlato e la professione svolta dagli operatori della sicurezza che prestano il proprio lavoro in situazioni emergenziali e ad elevata criticità. In queste condizioni è infatti indispensabile la capacità di analizzare lucidamente gli scenari in cui operare e l’adozione di protocolli operativi di elevata professionalità. In particolare, bisogna fornire ai lavoratori tutti gli strumenti necessari per comprendere i fenomeni emotivamente traumatici a cui la professione li sottopone al fine di processarli nella maniera più corretta per mantenere il controllo e risolvere l’emergenza. Le criticità emotive rappresentano infatti uno dei fattori di maggiore attenzione per contrastare, acquisendo la capacità di gestirlo, lo stress da lavoro correlato.
Tenere conto delle specifiche esigenze di servizio
Spesso gli operatori di polizia, delle forze armate o degli organismi di soccorso, si trovano a vivere queste situazioni operative che inevitabilmente portano a vivere situazioni di stress emotivo. Proprio a questi casi, in cui le attività non sono riconducibili a schematismi prestabiliti e ripetitivi, guarda l’articolo 3, comma 2, del D.Lgs. 81/2008 prevedendo che certi organismi si dotino di regolamentazioni tese a consentire l’applicazione dei principi della legislazione generale tenendo conto delle “effettive particolari esigenze di servizio ed alle peculiarità organizzative ed operative”. Rientrano sicuramente in quest’ambito le attività prestate in condizioni di emergenza, di pericolo per la propria ed altrui incolumità,
gli interventi con persone in stato di alterazione psicofisica per patologie o per fatti occasionali, la guida di veicoli con dispositivi di emergenza; l’uso di armi da fuoco; la vista di scene choccanti; l’agire in presenza di folle in tumulto; la comunicazione di lutti.
In tutti questi casi è fondamentale una corretta gestione delle criticità articolando dei percorsi formativi che permettano innanzitutto di conoscere la situazione che potrà portare alla perdita di controllo emotivo e poi a gestirne la fase di uscita o di superamento.