IL MOBBING E’ SEMPRE PIU’ TECNOLOGICO
I centri d’ascolto per il contrasto al mobbing sono aiuti concreti che si vogliono dare alle persone. Modestamente anche Risorsa ha un centro d’ascolto a Torino, ma riteniamo importante proporre le testimonianze dei centri accreditati in Friuli Venezia Giulia. Infatti l’articolo contiene anche “i numeri” di coloro che vi si sono rivolti, un aspetto che gli studiosi del fenomeno faticano a reperire.
Fonte: il Friuli.it – articolo di Maria Ludovica Schinko – 9 luglio 2022
Link:https://www.ilfriuli.it/articolo/economia/il-mobbing-e-sempre-piu-tecnologico/4/268824
Le vessazioni sul lavoro si sono spostate fin dentro casa. E non riguardano solo il privato. Anche se durante la pandemia molti lavoratori hanno potuto o dovuto scegliere il lavoro da remoto, le molestie e i fenomeni vessatori e discriminatori hanno superato i confini delle quattro mura domestiche e hanno tolto la serenità a molti uomini e, soprattutto, donne che si sono rivolte a un punto d’ascolto anti mobbing in cerca di aiuto.
Sono tre i centri accreditati in Friuli Venezia Giulia, a Udine, Pordenone e Gorizia. “Durante i due anni di Covid, in pieno stato di emergenza – spiega l’avvocato responsabile dei punti di ascolto – il fenomeno del mobbing non si è fermato. Anzi, si è rinnovato. Chi voleva vessare e sopraffare un collega o un sottoposto ha dovuto cercare nuove forme di violenza da poter esercitare, per così dire, anche da remoto. Visto che il collega scelto come vittima da umiliare non si trovava più a portata di mano, nello stesso ufficio, o al massimo in fondo al corridoio, il superiore che voleva comunque fare mobbing ha deciso di vessarlo, cambiando al sottoposto i ruoli, demansionandolo, o affidandogli compiti impossibili da portare a termine”.
“Molti lavoratori del pubblico impiego, in teoria i più tutelati, hanno raccontato di non essere stati messi nelle condizioni di lavorare da casa, perché non erano stati forniti di dotazioni adeguate. Altri hanno spiegato di non avere più orari, perché non si potevano mai disconnettere, ossia non potevano interrompere la connessione Internet, quindi scollegarsi, o non essere più rintracciabile al telefono. C’è anche chi si è visto negare permessi o ferie senza motivo”. Il lavoro era diventato, quindi, a tempo più che pieno e alcuni si sono lamentati di non poter più alzarsi dalla scrivania, per andare un momento in bagno, se non portandosi dietro il telefonino. “Questo è stato il comportamento di molti dirigenti – continua l’avvocato -, ma non sono mancati i colleghi pari grado che si sono coalizzati, per emarginare la vittima più debole, isolarla e rendergli la vita impossibile”. Secondo i dati forniti dai tre punti di ascolto accreditati in regione per il triennio 2019-2021, i settori più colpiti nel pubblico sono quelli di sanità e istruzione (169 casi), mentre sono industria (159) e commercio (119) i settori sotto la lente nel privato. Soltanto l’anno scorso sono stati chiesti mille colloqui. “Purtroppo – conclude l’avvocato – le donne sono le più colpite. In alcuni casi perché sono le più fragili, lavorano part time, o hanno un contratto a tempo determinato, devono accudire figli o genitori anziani e avrebbero bisogno di più tempo a disposizione. Chi fa mobbing, come conferma il 61% di coloro che ha chiesto aiuto, è un uomo e ha una posizione superiore alla vittima”.
I NUMERI.
Nel 2021 nei tre punti di ascolto anti-mobbing (Pda) sono stati richiesti 1.014 colloqui: 746 svolti con l’avvocato, 233 con lo psicologo e 35 con il medico. Nello specifico, a Gorizia ci sono stati 222 colloqui (153 con l’avvocato, 52 con lo psicologo, 17 con il medico); a Udine 410 (suddivisi in 311, 90 e 9); a Pordenone (suddivisi in 282, 91 e 9). Nel triennio 2019-21, la fascia di età che si è più sono rivolta ai Pda è quella più anziana, con numeri decrescenti al calare dell’età. I più mobbizzati sono gli ultracinquantenni (256 donne e 109 uomini), seguono le fasce dai 41 e i 50 anni (203 donne e 89 uomini), e dai 31 ai 40 anni (111 donne e 53 uomini). Infine, coloro che avevano dai 20 ai 30 anni (48 donne e 17 uomini).
“Il numero delle donne – spiega l’assessore regionale al Lavoro – è comunque sempre più alto di quello degli uomini. Prevalgono i contratti a tempo indeterminato, 754 totali di cui 539 donne e 215 uomini. Seguono i contratti a tempo determinato con 61 casi, di cui 52 donne e 9 uomini”.