ACCUSA FALSA DI MOBBING: VI SONO CALUNNIA E DIFFAMAZIONE ?
Bisogna fare molta attenzione quando un dipendente accusa un capo di calunnia e diffamazione e viceversa quando è il capo a farlo nei confronti del dipendente. Questo articolo spiega le due fattispecie
Fonti: www.laleggepertutti.it – articolo di Mariano Acquaviva – 22/04/2021 e redazione 7/03/2021
Link agli articoli completi: https://www.laleggepertutti.it/487258_accusa-falsa-di-mobbing-ce-calunnia#:~:text=Il%20dipendente%20che%20accusa%20di,integri%20una%20fattispecie%20di%20reato
e:
https://www.laleggepertutti.it/474007_quando-non-ce-diffamazione
Sintesi a cura della redazione Risorsa e della Volontaria Erika Porzio
Denuncia per vessazioni da parte del datore di lavoro: quando l’accusa ingiusta costituisce reato e quando, invece, è lecita?
Quando si incolpa un’altra persona di aver commesso una condotta illecita bisogna prestare molta attenzione poiché, per la legge italiana, l’accusa ingiusta può costituire essa stessa un crimine, ovvero quello di calunnia. Ciò che occorre per far scattare il reato di calunnia è la piena consapevolezza di aver mosso un’accusa totalmente falsa. Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione, non rischia una condanna per calunnia chi accusa falsamente di mobbing i propri capi, purché tale contestazione sia inevitabile nell’ambito di una propria difesa in giudizio. Non essendo di per sé un reato, l’accusa di mobbing potrebbe sfuggire del tutto da qualsiasi condotta calunniosa. La calunnia, infatti, presuppone la falsa accusa della commissione di un crimine e il mobbing non è considerato tale a meno che non sfoci in condotte delittuose.
Calunnia: cos’è?
Il reato di calunnia incrimina tutte quelle condotte che possono indurre a intraprendere un procedimento penale contro un innocente. Il Codice penale dice che risponde di calunnia chiunque accusa di un reato una persona nonostante sia consapevole che sia innocente. Gli elementi fondamentali della calunnia sono due:
- da un punto di vista oggettivo, la calunnia deve consistere nell’accusa di un reato. Non è calunnia, dunque, attribuire un illecito civile, amministrativo o tributario a qualcuno, anche se l’accusa è palesemente falsa;
- da un punto di vista soggettivo, la calunnia scatta solo se c’è malafede, cioè la consapevolezza di muovere un’accusa falsa. Senza questo dolo, non si potrà avere calunnia.
Affinché si abbia calunnia è necessaria la certezza dell’innocenza dell’accusato; in tutti gli altri casi (quando, ad esempio, ci si trovi in errore sul fatto costituente reato o sull’autore, oppure si ha un dubbio ragionevole sull’innocenza di questi) il delitto di calunnia non si integrerà e non vi sarà nessun rischio di essere denunciati per tale reato.
Accusa di mobbing: quando c’è calunnia?
Il dipendente che accusa di mobbing il proprio datore di lavoro risponde di calunnia soltanto nell’ipotesi in cui:
- l’accusa sia completamente falsa, e di ciò abbia consapevolezza l’accusatore;
- il mobbing contestato integri una fattispecie di reato. Si pensi al caso del datore di lavoro accusato di stalking nei confronti del personale, di minacce o di violenza sessuale.
Al contrario, non c’è calunnia, nonostante l’accusa di mobbing sia falsa, tutte le volte in cui:
- il mobbing contestato costituisca solamente un illecito civile e non un reato (ad esempio, il demansionamento ingiustificato);
- l’accusa di mobbing sia fatta all’interno di un processo, a fini difensivi.
In tale situazione occorre effettuare un opportuno bilanciamento tra il diritto di difesa e la possibilità di accusare ingiustamente qualcuno per potersi salvare. L’esercizio del diritto di difesa può legittimare alcuni tipi di dichiarazioni, oggettivamente implicanti un pericolo per la tutela dell’innocenza e, perciò appunto, riconducibili alla calunnia. La differenza tra attività consentita e condotta calunniosa va dunque individuato nell’essenzialità, ineluttabilità e continenza della scelta di contestazione dell’accusa. L’affermazione infondata di colpa a carico di altri deve risultare priva di ragionevoli alternative quale mezzo di negazione dell’addebito. Qualora nel corso del procedimento instaurato a suo carico, l’imputato neghi, anche mentendo, la verità delle dichiarazioni a lui sfavorevoli, in tal caso la calunnia implicita in tale condotta integra il legittimo esercizio del proprio diritto di difesa, giustificato dal Codice penale.
La diffamazione
Si ha diffamazione quando una persona ne offende un’altra in presenza di almeno due persone e in assenza della vittima. È necessario che l’offesa sia percepita da almeno due persone ma non è necessario che queste siano contemporaneamente presenti nel momento in cui viene pronunciata l’offesa. Pertanto, potrebbe scattare la diffamazione se una persona, nel parlare male di un’altra, lo faccia prima con un soggetto, poi con un altro, poi con un altro ancora oppure se, nel parlare con una sola persona, già sa che questa andrà a rivelare il fatto ad altri. L’elemento essenziale del reato è l’offesa all’altrui reputazione, che deve quindi esorbitare dal diritto di critica. Tale offesa deve essere rivolta alle qualità morali, intellettuali o fisiche che concorrono a determinare il valore sociale di un individuo.
Cos’è la calunnia e che differenza c’è con la diffamazione?
Come spiegato precedentemente, la calunnia scatta tutte le volte in cui una persona incolpa un’altra, che sa essere innocente, di un reato. Lo deve fare però dinanzi a un giudice o a un’altra autorità che ha l’obbligo di riferirlo al giudice, come i carabinieri, la polizia o la finanza. Quindi, non c’è calunnia quando qualcuno afferma che un altro è un criminale ma lo fa davanti a persone comuni: in una situazione del genere c’è piuttosto la diffamazione. In più, non c’è calunnia se una persona agisce ritenendo, anche se erroneamente, che la vittima sia davvero colpevole. Si pensi a chi accusa un altro di un illecito penale e non ha prove fondate oppure perché interpreta male una norma del diritto. Un’altra differenza tra calunnia e diffamazione è che nel caso della calunnia non è necessario usare parole offensive come invece nella diffamazione: basta il semplice fatto di addossare, in malafede, a un terzo la responsabilità per un reato, a prescindere dalle espressioni usate.