MOBBING SUL LAVORO: COS’E’, COME DIFENDERSI E FARSI RISARCIRE
Questo articolo ha ottenuto 179 visualizzazioni sulla pagina FB Risorsa e lo consigliamo sia per l’esame degli aspetti giuridici che dei suoi aspetti psicologici e dei riflessi sulla salute, due temi, questi ultimi, cui la nostra associazione è molto attenta e che ci hanno spinto a creare un Gruppo di Mutuo Aiuto, ora anche on line.
Definizioni
Il mobbing sul lavoro consiste in un insieme di comportamenti violenti perpetrati da parte di superiori e/o colleghi nei confronti di un lavoratore, prolungato nel tempo e lesivo della dignità personale e professionale nonché della salute psicofisica dello stesso.
Sono esempi di mobbing lo svuotamento delle mansioni tale da rendere umiliante il prosieguo del lavoro, i continui rimproveri e richiami espressi in privato ed in pubblico anche per banalità, l’esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo, oppure l’esclusione reiterata del lavoratore rispetto ad iniziative formative, di riqualificazione e aggiornamento professionale, la mancata assegnazione dei compiti lavorativi, con inattività forzata o, l’interrompere o impedire il flusso di informazioni necessari per l’attività (chiusura della casella di posta elettronica, restrizioni sull’accesso a internet). Per poter parlare di mobbing sul lavoro, l’attività persecutoria deve durare più di 6 mesi e deve essere funzionale alla espulsione del lavoratore, nonché causa di una serie di ripercussioni psico-fisiche che spesso sfociano in specifiche malattie croniche (disturbo da disadattamento lavorativo, disturbo post-traumatico da stress)
Patologie della vittima
Questo odioso fenomeno del mobbing, può rappresentare per la vittima un grave problema, non solo lavorativo ma anche sociale e familiare e, soprattutto può avere gravi ripercussioni sulla salute: la patologia psichiatrica più frequentemente associata al mobbing è il disturbo dell’adattamento; esso si compone di una variegata sintomatologia ansioso-depressiva come reazione all’evento stressogeno. Fra le conseguenze rientrano la perdita d’autostima, depressione, insonnia, isolamento. Inoltre il mobbing è causa di cefalea, annebbiamenti della vista, tremore, tachicardia, sudorazione fredda, gastrite, dermatosi. Le conseguenze maggiori sono i disturbi della socialità: nevrosi, depressione, isolamento sociale e, suicidio in un numero non trascurabile di casi.
I numeri
In Italia il numero di vittime del mobbing è stimato intorno a 1 milione e 200 mila, con prevalenza tra i quadri e i dirigenti, più che altro nel settore pubblico e in quello dei servizi. Negli ultimi dieci anni i casi di mobbing denunciati hanno avuto un incremento esponenziale. Non dimentichiamo poi che proprio per i suoi effetti, il mobbing ha un forte costo sociale, stimato in circa il 190% superiore al salario annuo lordo di un dipendente non mobbizzato.
Mobbing come dimostrarlo
Dal punto di vista civilistico l’art. 2087 c.c. impone al datore di lavoro “di adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori”. Tale obbligo, fa si che il datore di lavoro possa essere chiamato a risarcire il danno sia alla professionalità (dequalificazione), sia alla personalità morale e alla salute (danno biologico o neurobiologico del lavoratore/trice.
Ricordiamo infine che in caso di mobbing sul lavoro il lavoratore potrà dimettersi per giusta causa e eventualmente fare richiesta di disoccupazione NASPI. In questo caso le dimissioni sono date in tronco, non c’è bisogno di dare il preavviso. Il lavoratore dovrà comunque procedere legalmente contro l’azienda per tentare di dimostrare il mobbing.
Dal punto di vista penalistico è importante, in primis, accertare il nesso tra mobbing e danneggiamento della salute; successivamente bisogna accertare se la volontà del soggetto agente (il datore di lavoro o il collega) sia frutto di un dolo (ossia coscienza e volontà della condotta e dell’evento offensivo) o di una colpa (ossia sulla coscienza e volontà della condotta ma non dell’evento, che si realizza invece per negligenza, imprudenza, imperizia o violazione di leggi, regolamenti, ordini o discipline specifiche). Pertanto il mobbing potrà sfociare in reati quali ingiuria (offesa all’onore e al decoro) o di diffamazione (offesa della reputazione pubblica) previsti dal codice penale e sanzionati come delitti contro l’onore. Ma anche in reati di lesione a seconda degli effetti che tali azioni hanno sull’individuo che le subisce: gli abusi lavorativi vengono di fatto equiparati a lesioni personali colpose. Possono giungere addirittura ad integrare ipotesi di omicidio colposo (art.589 c.p.) quando il datore di lavoro determini o rafforzi per colpa nel lavoratore mobbizzato, con la sua condotta reiteratamente vessatoria e/o ingiustificatamente discriminatoria e di emarginazione, una propensione suicidiaria, o reati di molestia e così via.
Mobbing lavoro come tutelarsi
Il discorso sul mobbing sarebbe ancora molto lungo e complesso per le sue implicazioni non solo legali ma anche e soprattutto sociali e familiari. Proprio per questo sarebbe necessario e urgente che il nostro Parlamento si decidesse una volta per tutte, a legiferare su un tema di così forte attualità e gravità. Nel frattempo non dimentichiamo che noi abbiamo un’arma molto forte che è quella della DENUNCIA. Denunciare vuol dire far conoscere a tutti un problema e renderli partecipi; si può denunciare un fatto all’Autorità Giudiziaria (e questo è un conto) ma la denuncia può essere fatta anche con altri mezzi, ad esempio con una pubblicazione su un giornale, attraverso i sindacati, nelle riunioni aziendali, con un volantino appeso in bacheca etc etc. L’importante è rompere il muro di omertà che fa sentire forte il datore di lavoro che ricorre al mobbing e, dall’altro riduce la vittima ad un essere piccolo piccolo, pieno di vergogna o peggio, di terrore e, incapace di reagire. Denunciare il mobbing, non è sempre facile perchè si ha paura di perdere il posto di lavoro, o di essere derisi e umiliati ancor più del normale; ma deve essere fatto! Parlare di mobbing sul lavoro serve alla vittima a “liberarsi” ma serve anche alla collettività, serve a dare coraggio a chi, nella stessa situazione preferisce tacere e sopportare, piuttosto che intraprendere una battaglia con il capo. Serve come esempio per tutti e soprattutto come monito a molti dei datori di lavoro che credono di poter disporre dei propri dipendenti come fossero oggetti da spostare qua e la. Siamo uomini e come tali, nati liberi e con una dignità, che nessuno deve mai negarci!
Fonte: http://www.lavoroediritti.com
articolo di Massima Di Paolo – 5/5/2018
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Sintesi a cura della redazione Risorsa