UN CASO DI MOBBING AL RITORNO DALLA MATERNITA’
Questo è il primo articolo è tratto dalla rassegna periodica “Multiverso mobbing – notizie dagli universi paralleli del mobbing”, nata per iniziativa del nostro Consigliere Salvatore Tonti che potrete trovare sulla pagina FB di Risorsa al link Pur trattandosi di una lettera pubblica ad “Asso Care News”, per la delicatezza dell’argomento, abbiamo preferito omettere il nome completo della OSS. Alla lettera vera e propria, che potrete consultare anche al link abbiamo aggiunto i commenti della nostra Volontaria Erika Porzio, che ha fatto una sintesi sull’argomento, sulla base di un articolo di “La legge per tutti”. Anche per questa fonte diamo il link completo
Fonte: “Asso Care News” – aprile 2021
Fonte: “La legge per tutti” – Novembre 2020
Riportiamo la lettera di una OSS. che ha voluto condividere la sua situazione lavorativa attuale con la redazione del giornale “Asse Care News”.
Egr. Direttore,
mi chiamo M C. e sono una OSS. Da qualche giorno sono tornata al lavoro dopo un brutto aborto al quinto mese di gravidanza. Per non pensare a questa perdita ho deciso con mio marito di distrarmi il più possibile e quindi ho chiesto ed ottenuto il reintegro alla mia Azienda, una RSA gestita da una Cooperativa. Già avevo avuto problemi lavorativi durante le prime fasi della gravidanza. Il Datore voleva che non mi mettessi in maternità e che lavorassi almeno fino al sesto mese. Mi sono rivolta al sindacato per veder rispettato un mio diritto. Non ha potuto fare altro che accontentarmi. Poi la gravidanza si è interrotta bruscamente e oggi mi ritrovo ad operare in un ambiente decisamente ostile. Per prima cosa il Datore mi permette di lavorare tre giorni a settimana e con ore ridotte. Nelle restanti giornate mi dà riposi o compensi ore. Vorrebbe che prendessi tutte le ferie, ma io ho bisogno di distaccare da quello che mi è accaduto e non voglio stare a casa a pensare a quel bambino che non ho potuto avere. Come mi devo comportare? Ah, quando mi sono messa in maternità l’Azienda ha assunto una collega OSS molto avvenente. Giovane, capelli lunghi neri, bella corporatura, spesso provocante con i suoi modi di fare. Non vorrei che fosse proprio questo il problema, aver mandato via la collega per ridarmi il lavoro. Io sono a tempo indeterminato e sono anche socia della Cooperativa, la ragazza aveva avuto un contratto a tempo determinato per la durate complessiva della mia assenza per gravidanza. Mi fanno fare mansioni che non mi spettano e qualche volte sono stata anche redarguita perché risulto assente con il cervello. Sono convinta che mi facciano mobbing per costringermi ad andar via. Non credo però che lo facciano per questa collega, anche se un po’ di dubbi li ho.
Grazie.
Una storia di questo genere purtroppo non è infrequente. Avevamo già affrontato il tema del mobbing in relazione alla maternità. La condizione della donna spesso è complicata proprio perché uno dei timori maggiori di alcuni datori di lavoro è che la propria dipendente da un momento all’altro possa avere una gravidanza e debba essere sostituita e coperta economicamente secondo quanto stabilito dalla legge. La storia mi ha impressionata per la mancata sensibilità di fronte ad una donna con un contratto a tempo indeterminato che si è mostrata immediatamente disposta a riprendere i ritmi lavorativi nonostante il lutto importante subìto. Nei casi in cui venisse effettivamente riscontrato un fenomeno di mobbing a danno di una lavoratrice rientrata dalla maternità il datore di lavoro può essere chiamato a risarcire alla dipendente il danno subìto.
Il mobbing, infatti, può determinare un danno biologico nei confronti della lavoratrice poiché tale condotta è in grado di determinare patologie psico-fisiche come: ansia, depressione, attacchi di panico, problemi cardiovascolari, etc.
Ne consegue che se il mobbing determina una lesione permanente all’integrità psico-fisica della lavoratrice, questa può agire in giudizio e chiedere il risarcimento del danno al datore di lavoro dimostrando:
– le condotte mobbizzanti subìte;
– il danno biologico subìto;
– il nesso causale tra le condotte denigratorie e il pregiudizio ricevuto.
Proprio di recente, il tribunale di Roma ha condannato un datore di lavoro a risarcire alla lavoratrice, mobbizzata al rientro dalla maternità, un danno non patrimoniale pari a 28.000 euro.
Nel caso di specie, infatti, era stato provato che, dopo il rientro in servizio, la neo-mamma fosse stata vittima di una serie di condotte illegittime volte a spingerla a lasciare il posto di lavoro.