STOP AL MOBBING INFERMIERISTICO
L’articolo è rivolto ai professionisti del campo sanitario, in particolare gli infermieri, e ha lo scopo di far luce ad un tema importante quale il mobbing e dare gli strumenti per tutelarsi. Infatti, ogni settore lavorativo ha in comune con gli altri tematiche generali, ma anche particolarità proprie: a questo proposito, per gli infermieri riteniamo siano importanti la definizione di mobbing strutturale e organizzativo e gli ultimi 2 articoli citati dal codice penale (610 e 595). Non è raro il caso di superiori che costringono gli infermieri a tollerare od omettere pratiche sanitarie, al pari delle possibili diffamazioni nei confronti degli infermieri da parte di pazienti, colleghi e superiori, con cui sono quotidianamente a contatto. In entrambi i casi è prevista la reclusione del colpevole.
Fonte: Redazione Nurse Times.org – articolo del 3 febbraio 2020
Sintesi a cura di Michela Spirito – Volontaria Risorsa
L’articolo integrale è a questo link
Il mobbing consiste in una persecuzione che viene esercitata sul posto di lavoro verso una persona dal capo o da uno o più colleghi al fine di emarginare, sabotare professionalmente e/o attuare violenza psicologica e/o fisica.
Vi sono più tipi di mobbing:
- Verticale: quando l’atto è commesso da un superiore nei confronti dei sottoposti (è il più comune);
- Orizzontale: quando sono i colleghi a mettere in atto i comportamenti lesivi del benessere e dei diritti della persona;
- Strutturale o organizzativo: consiste in una prassi consolidata, non necessariamente dolosa, messa in atto dall’azienda e supportata da ignoranza o vecchie concezioni del lavoro.
La legislazione italiana, attraverso la Costituzione, il codice civile e il codice penale, tutela da queste condotte, in particolare:
- La Costituzione agli articoli 2, 3 e 41 riconosce tutela al lavoratore nel suo ambiente di lavoro nel cui interno deve essere assicurata la piena possibilità di esplicitare la propria personalità e capacità professionale;
- Il codice civile all’articolo 2043 (principio del neminem laedere) obbliga a risarcire il danno a chi cagiona un danno ingiusto; all’articolo 2087 obbliga il datore di lavoro di tutelare l’integrità psicologica, fisica e morale dei suoi lavoratori; all’articolo 2103 non permette il demansionamento della persona a meno che non vi sia giusta causa per il licenziamento: la questione è in via di revisione a seguito delle proposte di legge in discussione alla Camera e al Senato. Infine agli articoli 1175 e 1375 che prevedono, anche in caso di procedimenti disciplinari, di agire secondo i principi di correttezza e buona fede;
- Il codice penale non prevede per il mobbing un reato “ad hoc” ma tutela da fattispecie di reato applicabili di volta in volta, per esempio, se dal mobbing derivano atti anticonservativi il codice con l’articolo 580 punisce chi istiga o aiuta al suicidio; all’articolo 660 disciplina il reato di molestie che spesso si possono riferire al contesto di lavoro; frequente, in ambito infermieristico, è il reato previsto dall’art.610 c.p. che recita: “Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni”. Ma sono anche punibili le diffamazioni, con l’articolo 595, secondo cui: “Chiunque, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.32 euro. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2.065 euro”.
Volontaria dell’Associazione Risorsa
Michela Spirito