ATTACCO DI PANICO – NUOVI MODELLI INTERPRETATIVI
L’associazione Risorsa è molto sensibile al tema del disturbo di attacco di panico (DAP) diffuso oggi anche nel mondo del lavoro, allorché le vittime di mobbing, a seguito di pesanti violenze psicologiche, cadono in uno stato che si può proprio definire “di panico”. A denunciarlo sono molte persone che si sono presentate al nostro Sportello di ascolto/orientamento e al nostro Gruppo di mutuo aiuto. Spesso il disturbo fa parte di un più vasto quadro della “depressione maggiore” e del “disturbo bipolare”. Quando già non lo abbiano già fatto, consigliamo loro di rivolgersi a medici specialisti per un aiuto farmacologico (antidepressivi e ansiolitici, ma solo per il periodo strettamente necessario, per non creare dipendenza), ma anche di affiancare una terapia psicologica, pur non essendo noi né medici o psicologi, ma con alle spalle una ventennale esperienza nella prevenzione del mobbing.
Fonte: Spazio Uno Editori – Videoconferenza del 14/12/2020. Per accedere alla video conferenza completa vedi sito
Sintesi a cura di Ferdinando Ciccopiedi – Vice Presidente Risorsa
Con lo scopo di diffondere anche altre informazioni, rispetto a quelle presentate attualmente dalla medicina ufficiale circa gli attacchi di panico, che spesso vengono trattati maggiormente a livello farmacologico, ci piace anche esporre altre teorie. E’ il caso della videoconferenza tenuta da un medico omeopata, di cui, per coerenza con la nostra linea editoriale, non citiamo il nome, ma nella quale ha voluto condividere il frutto dei suoi studi e ricerche di anni nel cercare le possibili cause che possono rendere un soggetto più sensibile a subire gli effetti degli attacchi di panico.
E’ la classica “altra campana” che è utile sentire, anche se si può non condividere. Proprio alle terapie psicologiche, infatti, fa riferimento il nuovo modello interpretativo proposto nella video conferenza citata. Il modello interpretativo trova le sue basi scientifiche nello studio del rapporto esistente tra lo sviluppo delle patologie croniche e le dinamiche emotive all’interno del nucleo familiare. Nel caso specifico, si fa risalire il comportamento delle persone affette da attacchi di panico alla fase della vita intrauterina. Infatti, secondo studi scientifici e l’esame delle placente, una percentuale tra il 10 e il 30% delle donne produce più ovuli nella fase di fecondazione e ciò provoca l’esistenza di 2 embrioni nell’utero. Nel prosieguo della gravidanza uno dei due viene riassorbito in modo spontaneo in quanto la conformazione uterina non potrebbe sopportare più di un feto per volta, con le eccezioni dei parti gemellari. Ciò deriverebbe dal fatto che tutte le femmine degli animali “nomadi” (tra cui l’uomo primitivo) partoriscono 1 solo feto, in quanto ciò consente di trasportarlo più facilmente alla ricerca di cibo o anche solo per arrampicarsi sugli alberi e il loro utero si è adattato a questa situazione. Da queste premesse nasce la sindrome del “gemello scomparso” maggiormente studiata e diffusa in Germania dagli anni 80, con continui risvolti dinamici attuali
Ora, sostiene il relatore, supportato dall’antica medicina tradizionale cinese, che nella vita uterina si sviluppa nel feto una “memoria viscerale” che lo mette in relazione con il gemello (ne sente battere il cuore ed ha con lui un contatto fisico). Alla fisiologica scomparsa del gemello, il sopravvissuto percepisce sia la paura della morte imminente di questo, sia la sensazione di impotenza da parte sua di modificare l’accaduto. Una volta giunto alla vita extra-uterina in cui acquisisce una “memoria cerebrale”, il ricordo del periodo viscerale rimane impresso con le sensazioni provate nei riguardi del gemello scomparso e sarebbero queste sensazioni a riaffiorare con gli attacchi di panico, anche in età adulta. Bisogna notare che tali disturbi colpiscono principalmente persone relativamente giovani, nella fascia che va dai 28 ai 50 anni, periodo nel quale possono insorgere lutti personali, fallimenti lavorativi o affettivi, interpretati come un malessere generale che risveglia una memoria lontana, come era avvenuto nell’utero materno, di situazioni di perdita e impotenza anche nella vita reale.
Si può indurre che anche il 10-30% degli adulti soffra di quanto avvenuto nell’utero della madre e sviluppi attacchi di panico, dei quali la medicina ufficiale occidentale non riesce a stabilire la causa. A questi attacchi si può associare la “melanconia” delle persone depresse, in quanto non hanno elaborato il lutto del gemello scomparso (un lutto fantasma). Ma, secondo le teorie della fisica quantistica, non esistono confini fisici tra 2 persone, ma nemmeno nell’universo, ove esiste un “campo energetico” anche tra stelle lontane. Dunque se non esistono confini fisici, è possibile che il gemello sopravvissuto si senta come una persona “doppia” a causa di quanto avvenuto nell’utero materno. Il problema è quindi di eliminare questa doppiezza provocata da un evento realmente accaduto, biologico, ma che si può rivivere emotivamente per poterlo accettare a livello profondo.
Diverse sono le terapie “non convenzionali” per questa problematica e il relatore cita una particolare tecnica, da lui messa a punto, nella sua trentennale esperienza, così come da diversi terapeuti di medicina olistica e derivata dagli studi di Freud, ma che affonda le sue radici nel teatro dell’antica Grecia, quando un evento doloroso (poteva essere una guerra o un omicidio, come nel caso di Edipo) veniva rappresentato in un “luogo protetto” come il teatro, che richiama l’utero materno. La riproduzione dell’evento provocava reazioni benefiche negli spettatori che così esorcizzavano l’evento doloroso.
E’ quanto avviene nelle “Mimesi familiari”, concetto già presente nelle filosofie di Platone ed Aristotele, ove la rappresentazione artistica di fatti empirici rimanda ad un concetto di tipo universale (l’archetipo). Così, se si radunano in un luogo chiuso, come può essere un teatro, più persone, di cui una affetta da attacchi di panico, è possibile che questa riviva il suo rapporto con il “gemello scomparso” che lascerà finalmente andare. Egli è definitivamente diventato adulto e non ha più paura di quanto successo nella vita intrauterina, avendo così elaborato veramente il lutto. Non è evidentemente una cura psichiatrica, ma è legata al “vissuto” della persona, rientrando tra i supporti di natura psicoterapeutica. Di solito questi supporti vengono offerti a persone che hanno “lutti” più recenti, come quelli derivati dalle precarie condizioni economiche in cui si sono venute a trovare (ricordiamo i suicidi di quanti non riescono a pagare le tasse).
Un’altra tecnica, da poco diffusa, cerca di curare traumi e disturbo post-traumatico da stress, attraverso la desensibilizzazione e rielaborazione degli eventi con i movimenti oculari ed assume l’acronimo inglese di EMDR. Molto più significative, sempre secondo il relatore, sono le terapie basate su farmaci ricavati da fonti naturali (farmacognosia), derivate anch’esse dalla medicina “tradizionale” cinese chiamata “tradizionale” perché si rifà ad una tradizione millenaria della cultura di quel popolo. Queste terapie tengono conto del rapporto tra organi interni (ad es. stomaco, pancreas) e distonia fisica/mentale. In pratica sono cure omeopatiche che citiamo solo per completezza, senza la pretesa di suggerirne l’efficacia, ma che potrebbero agire contro la rabbia, la paura di morire, il disorientamento esistenziale e nella vita di relazione, i problemi col passato, le malinconie, le altre paure che frenano la capacità di reazione ad eventi di fronte ai quali sarebbe necessario solo “resistere” (la tanto attuale resilienza che Risorsa consiglia spesso a chi si trova in situazioni di disagio sul lavoro