LA SINDROME DA WORKAHOLISM AI TEMPI DEL LAVORO AGILE
Presentiamo la sintesi, fatta dalla nostra giovane Volontaria Erika Porzio, di un articolo e relativo link, riportati sotto come fonte e in cui si può trovare il testo completo. Risorsa è impegnata da anni nell’aiuto concreto a chi soffre di disturbi psicologici a causa di mobbing lavorativo e questo articolo ci sembra fortemente attuale:
Fonte:
State of mind – il giornale delle scienze psicologiche – luglio 2020 vedi link
Il lavoro agile (o smartworking) si è rivelato fondamentale soprattutto in quest’anno particolarmente anomalo. Il periodo di quarantena, oltre ad aver modificato le nostre vite, ha influito anche sulle pratiche lavorative; le aziende da un giorno all’altro si sono trovate a dover gestire l’emergenza covid19 adattandosi al cosiddetto “smartworking”.
In un recente report sul lavoro agile nelle Pubbliche Amministrazioni italiane (Tripi & Mattei, 2020) durante il periodo covid19, gli autori hanno rilevato quanto il lavoro intelligente tendesse a diminuire lo spazio sia fisico sia psicologico tra vita privata e vita lavorativa, rendendo il lavoratore iperconnesso.
Questo può avere:
effetti positivi in termini di: mobilità, produttività e multitasking;
effetti negativi legati all’aumento dello stress lavoro-correlato e di sindromi non facilmente rilevabili, come appunto quella da Workaholism, derivante dall’unione di 2 parole (work e alcoholic) cioè, tradotto: alcolismo da lavoro.
Tale sindrome viene definita camaleontica, in quanto essa tende a mimetizzarsi con facilità e nel lavoratore si instaura una vera e propria dipendenza. Per l’azienda il lavoratore Workaholic può essere una risorsa umana molto produttiva. Il termine Workaholic vuol dire “sindrome da alcolista da lavoro” o più in generale “sindrome da dipendenza da lavoro” ed è un termine che è stato coniato da Wayne Oates, medico e psicologo americano (1971).
La sindrome da Workaholic si riferisce a persone la cui necessità di lavoro diventa così forte da costituire un pericolo per la loro salute, la felicità personale, le relazioni interpersonali e il funzionamento sociale (Oates, 1971). È un vero e proprio disturbo ossessivo-compulsivo, un comportamento patologico di una persona che si dedica troppo al lavoro e che pone in secondo piano la sua vita sociale e familiare sino a causare danni a se stessa, al coniuge, ai figli.
Sebbene sia stata dedicata da parte di studiosi e psicologi una notevole attenzione al costrutto di Workaholism negli ultimi anni (Fassel, 1990; Garfield, 1987; Kiechel), sono state intraprese poche ricerche empiriche per approfondire la comprensione di questo fenomeno (Porter, 2001; Robinson & Post, 1995, 1997). Questo ha influito sulla mancanza di chiarezza nell’operazionalizzazione del costrutto della sindrome da dipendenza lavorativa e anche sulla sua individuazione e valutazione.
Indipendentemente dalle differenze individuali che contribuiscono a definire un identikit di lavoratore Workaholic, ci sono anche aspetti culturali; negli ultimi decenni, la tecnologia ha reso il Workaholism più diffuso che mai.
Il lavoro agile e intelligente risulta essere un’ottima strategia per fronteggiare una crisi di qualsiasi natura (dalla pandemia alla crisi economica) agevolando l’azienda, ma anche il lavoratore. Non bisogna, però, dimenticare di ricostruire, anche nel contesto virtuale, momenti di socializzazione, ma soprattutto momenti di supporto e di attenzione alle vulnerabilità lavorative; ovvero, non bisogna trascurare il benessere del lavoratore che viene privato di una parte fondamentale a cui prima era abituato e che automaticamente viene a perdersi con il lavoro agile.