RISORSA RACCONTA: LA SERPE IN SENO
Come annunciato, iniziamo questa volta con una storia vera di una persona passata allo Sportello d’ascolto molto tempo fa. Ciò perchè, nel ventennale di Risorsa, abbiamo recuperato dai nostri archivi storie che non potessero dare adito a riconoscimenti di fatti e luoghi personali, cambiando nomi dei personaggi e luoghi di lavoro. Sono tutte storie di mobbing pesante, ma i volontari che le hanno scritte, tutti amanti della scrittura, le hanno trasformate in vicende leggere, curiose ed ironiche. Buona lettura !
Più di dieci anni fa, la proprietà di una piccola azienda della cintura torinese, decide di affidare la gestione delle attività produttive e, quindi del personale, ad una persona di fiducia. Da quel momento, Bruno – questo è il nome della “persona di fiducia” – si sente investito di una grossa responsabilità e, per non sbagliare, decide di circondarsi solo di persone fidate: è così che vengono assunti, figli, nipoti, mogli, cognati e cognate di dipendenti già in forza da anni. L’azienda si trasforma in una “famiglia allargata” in cui il patriarca è solo lui…Bruno. Nel più puro stile anni ’50, nell’azienda non sono presenti rappresentanze sindacali: così Bruno dispone a suo piacimento turni di straordinario, di ferie, permessi e persino…la pausa caffè ! Ma 3 anni fa avviene un fatto straordinario: con la solita trafila di parenti e amici viene assunto Marco, un lavoratore che ha un pallino: la giustizia sul luogo di lavoro. Non a caso si è detto “pallino” perché tale è inteso da Marco ciò che è uno dei più nobili sentimenti dell’uomo in ogni paese civile. Il lavoratore comincia a contestare ritmi di lavoro troppo stressanti, permessi rifiutati senza ragione e quant’altro fa parte della vita quotidiana di un’azienda. Trova poi un alleato in un altro dipendente che, guarda caso, è il nipote di Bruno. In virtù del suo rapporto familiare, costui non aveva mai rifiutato quanto veniva chiesto dallo zio-padrone per ben 10 anni. Ma si sa: chi va con lo zoppo impara a zoppicare. Così Luigi, questo è il nome del lavoratore-parente, appoggia sempre di più le rivendicazioni del collega fino ad accarezzare un’idea a dir poco “pazzesca” per l’azienda: introdurre una rappresentanza sindacale al suo interno. Consigliati da un esperto sindacalista, formatosi con anni di dure lotte, i due organizzano le prime assemblee e si fanno eleggere Rappresentanti Sindacali Unitari. Se la reazione contro il lavoratore assunto da poco, quello che deve aver scatenato le ire di Bruno era l’elezione del nipote. E fu così che in una riunione familiare, il povero nipote si vide affibbiare l’epiteto di “Serpe in seno”, ingrato e irriconoscente verso chi gli aveva procurato il lavoro. Oggi i 2 lavoratori sono “mobbizzati”, con sovraccarichi di lavoro ed altre vessazioni tipiche dei “mobbers”. Morale, tutti e due hanno perso il sonno e sono in cura da uno psichiatra.
A questo punto si sono rivolti a Risorsa insieme al sindacalista loro amico; esposta la situazione, ognuno dei 3 aveva una posizione diversa: decisamente orientato a far causa legale il lavoratore nuovo, timoroso anche dei risvolti familiari della vicenda il nipote, attendista il delegato di categoria, interessato a rafforzare la struttura sindacale interna, prima di fare azioni di forza. Nell’intricata situazione ci è venuto ancora una volta in aiuto il sacerdote ex-missionario, che è il punto di riferimento per tutti noi, per la sua grande esperienza umana, sociale ed il carisma personale. Saputo che il mobber era di origine napoletana, come i suoi mobbizzati, e quindi sensibile anche all’irrazionale, il nostro sacerdote propose una tattica che aveva funzionato con gli indigeni africani nelle terre di missione, dove egli aveva passato parecchi anni. Forse anche Bruno sarebbe stato colpito da una sola frase, che i mobbizzati avrebbero potuto rivolgergli alla prima occasione: “Forse le benedizioni non attaccano, ma le maledizioni certamente sì ! ”