COLLABORATORI PARLAMENTARI: MOBBING ANCHE PER LORO?
Il lavoro dei “portaborse” In pochi sanno che i collaboratori parlamentari, meglio conosciuti col nome improprio di “portaborse”, hanno un ruolo fondamentale all’interno del Parlamento: scrivono i discorsi che deputati e senatori leggono in Aula, gestiscono social media e comunicazione, curano la loro agenda e rispondono (per conto del datore di lavoro) alle decine di mail che ogni giorno arrivano nelle casella di posta ufficiali. Inoltre scrivono interrogazioni, emendamenti e anche leggi. Ebbene sì, raramente le leggi che vengono discusse e approvate dal Parlamento sono scritte dagli eletti che le firmano in calce. Nella stragrande maggioranza dei casi i parlamentari danno ordine di scrivere una legge per risolvere un determinato problema e il collaboratore studia il caso e propone una bozza di testo che poi passa al vaglio degli uffici legislativi preposti a correggere gli eventuali errori.
Collaboratori e rimborsi. Ogni eletto può avere uno o due collaboratori “ufficiali” (due part-time o un full time) con contratto di lavoro depositato agli uffici della Camera/Senato. Questo dà diritto al collaboratore ad avere un tesserino per accedere agli uffici e permette all’onorevole di ricevere un rimborso «spese esercizio di mandato» di 1.845 euro al mese (poco più di 2 mila nel caso dei senatori). Senza un contratto di lavoro (di qualsiasi tipo) depositato alle Camere, i parlamentari non hanno diritto a questa somma. Ne ricevono però una equivalente e forfettaria, che si aggiunge a quella sopra citata, indipendentemente dall’avere o meno un collaboratore. Lo scopo è sempre quello di sostenere le spese di esercizio cioè le attività sul territorio, le spese per l’ufficio e, ovviamente, il collaboratore (che è la spesa più consistente). A conti fatti, il rimborso mensile è di 3.690 euro per la Camera e 4.180 per il Senato. Mediamente un collaboratore parlamentare guadagna 1.100 euro (dati dell’Aicp, l’associazione Italiana collaboratori parlamentari) e nella quasi totalità dei casi ha una laurea di 5 anni. Purtroppo nella giungla contrattuale e con la deregolamentazione che non prevede alcuna omogeneità né degli stipendi né tantomeno dei diritti, i deputati possono fare il bello e il cattivo tempo. È infatti il deputato che in base al “vincolo fiduciario” presente su tutti i contratti dà e toglie il lavoro al collaboratore rendendolo di fatto un precario a vita.
Se parli sei fuori. Non solo: nel corso degli anni in Parlamento si è creato un clima di omertà tale per cui il collaboratore ingiustamente licenziato, per esempio, non denuncia mai l’onorevole per cui lavorava, cosciente del fatto che questo lo porterebbe a non trovare altri eletti con cui lavorare nella legislatura corrente e futura. In pratica: se parli sei fuori. Così i parlamentari si prendono la libertà di pagare gli stipendi in ritardo, pagarne una parte (o la totalità) in nero, fare mobbing e licenziare senza giusta causa. Il collaboratore purtroppo sa di non avere alcuna garanzia.
Fonte: lettera43.it