MOBBING: QUALE GENERE E’ PIU’ RILEVANTE NUMERICAMENTE ?
L’importanza di questo articolo sta nel fatto che vengono forniti dati numerici sul mobbing con un orizzonte più vasto di quello dell’associazione Risorsa, che opera prevalentemente sul territorio della Città Metropolitana di Torino.
Fonte: “Infermieristicamente.it – Nursind” – 9 dicembre 2020 – autrice: Maria Luisa Asta.
Sintesi a cura di Erika Porzio – Volontaria Risorsa
Troverete l’articolo completo a questo link
Eccone i risultati:
Quale genere è più rilevante in termini numerici rispetto alla caratterizzazione del mobbing? Quali sono gli attacchi tipicamente agiti o subìti? Qual è la prevalenza nei campioni indagati di donne e uomini aggressori? E di vittime? Vi sono differenze di genere per la salute mentale e fisica delle vittime di mobbing?
È da questa serie di domande che si sono posti i ricercatori dell’Università degli studi di Bari “Aldo Moro” appartenenti al dipartimento di scienza della formazione – psicologia e alla sezione di medicina del lavoro, che si è svolto uno studio molti interessante, basato su 32 articoli specialistici, pubblicato anche sulla rivista “La medicina del Lavoro”, con una revisione sistematica della letteratura esistente in materia.
Attualmente, in Italia, il fenomeno del mobbing non ha un riconoscimento specifico né nel Codice civile né in quello penale. La sua definizione e caratterizzazione è di natura giurisprudenziale; la sentenza della Cassazione civile, Sez. lavoro, 6 marzo 2006, n. 4774, ha avuto un ruolo importante nella definizione della fattispecie criminosa, ricollegandosi all’articolo 2087 del codice civile che afferma che essa: “si può realizzare con comportamenti materiali o provvedimenti del datore di lavoro indipendentemente dall’inadempimento di specifici obblighi contrattuali previsti dalla disciplina del rapporto di lavoro subordinato” .
In passato, numerosi studi, come quelli di Leymann, hanno considerato i rischi psicosociali legati all’organizzazione del lavoro come causa principale del mobbing, evidenziando come alcuni elementi della progettazione organizzativa potessero agire da barriere e da fattori trainanti.
Studi più recenti, invece, si sono soffermati con più attenzione sul rapporto tra fattori individuali e mobbing; evidenziando come la personalità del mobber e della vittima, le loro caratteristiche sociodemografiche e le relazioni interpersonali all’interno delle organizzazioni potessero essere fattori rilevanti nel condizionare l’evolversi di tale fenomeno.
Per quanto riguarda i fattori demografici, in particolare, è stato osservato in numerose nazioni del mondo che le donne abbiano una tendenza maggiore ad essere più frequentemente vittime di mobbing, probabilmente a causa del loro nuovo ruolo nel mercato del lavoro piuttosto che per la maggiore suscettibilità al fenomeno delle molestie fisiche e sessuali. Al contrario, molto scarsi sono i dati relativi alle donne come autrici del mobbing.
Si stima che, in Italia, siano 1 milione e 404mila (8,9%) le donne che abbiano subìto almeno una volta molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Al momento dell’assunzione, ne sono state colpite più frequentemente le impiegate (37,6%) o le lavoratrici nel settore del commercio e dei servizi (30,4%). La quota maggiore delle vittime, inoltre, lavorava o cercava un’occupazione nel settore delle attività professionali, scientifiche e tecniche (20%) e in quello del lavoro domestico (18,2%).
Le donne denunciate per reati relativamente al mobbing, in Europa, sarebbero il 6,7% del totale. Le loro vittime sarebbero per il 59,8% uomini, il 40,2%, altre donne.
Alle donne può capitare più frequentemente di subire azioni negative quali: osservazioni critiche sulle loro capacità di lavoro, commenti che de-valorizzano la posizione lavorativa da loro occupata e il loro valore professionale, oppure molestie sessuali ed attenzioni sessuali non desiderate.
Gli uomini, invece, sperimentano più frequentemente forme di azioni negative volte a mettere in dubbio la loro virilità, quindi, critiche effettuate con l’intento di mortificare le caratteristiche tradizionalmente associate al genere maschile.
Dalla revisione è emerso come i carnefici siano maggiormente di sesso maschile. È possibile che la donna sia raramente colei che aggredisce per via del diverso ruolo sociale ricoperto, che prevede un’esposizione sociale solitamente più limitata e più pregnante all’interno della famiglia; oppure la minor aggressività potrebbe ricollegarsi alla marcata tendenza a orientare l’educazione e la formazione sociale della donna alla non aggressività.
In contesti lavorativi, un’indagine ISTAT sulla sicurezza delle donne riporta che, il 2,5% delle donne ha subìto almeno una violenza fisica o sessuale da colleghi di lavoro. Anche in altre nazioni le donne, inoltre, sperimentano nei luoghi di lavoro delle forme di “inciviltà legata al genere” e sono vittime di mobbing molto più frequentemente degli uomini. L’inciviltà lavorativa implicherebbe commenti negativi sulle proprie competenze lavorative, o commenti dispregiativi volti a denigrare la posizione lavorativa esercitata; elementi questi, che possono entrare a far parte di un quadro di mobbing. È possibile che, in tali contesti, le donne siano più soggette ad aggressioni anche perché tentano di scardinarsi dal ruolo sociale ad esse affibbiato, ovvero di “subordinate” rispetto alla figura maschile. Alle lavoratrici donne vengono attribuite spesso caratteristiche negative per qualsiasi lavoro, come essere poco intelligenti, facilmente soggette all’influenza ormonale (un esempio tipico sono gli stereotipi collegati ai giorni del menarca) ed eccessivamente emotive. Infine, è risultato che le conseguenze del mobbing sulla salute mentale risulterebbero più gravi per gli uomini rispetto alle donne. Questo potrebbe dipendere dalla centralità e dall’importanza che il lavoro riveste per gli uomini nella loro vita, soprattutto negli ambienti caratterizzati da egemonia che si manifesta con aggressioni, competizione e ansia tra gli uomini che cercano di superarsi vicendevolmente nel contesto lavorativo. Molto spesso il mobbing può verificarsi anche tra quei lavoratori che non adottano quegli ideali che, utopisticamente ormai dovrebbero essere stati superati, della cosiddetta mascolinità.
Gli uomini, inoltre, avrebbero una maggiore reticenza nel cercare aiuto dalle professioni sanitarie rispetto alle donne, pertanto, problematiche quali depressione e suicidio sarebbero sottostimate. È risaputo quanto nella nostra società, pur con tutti i progressi del caso, il genere maschile tendenzialmente abbia più timore a mostrarsi vulnerabile, a chiedere aiuto in situazioni di difficoltà a professionisti (quali ad esempio: psicologi, psicoanalisti e psichiatri) e a parlare apertamente delle problematiche che li riguardino. Mostrarsi fragili spesso comporta ancora oggi l’essere visti agli occhi degli altri come persone deboli. Fortunatamente in questo senso negli anni ci sono stati molti progressi proprio perché la nostra società sta cercando sempre di più di cancellare le diversità tra i due generi abbattendo gli stereotipi classici che si sono tramandati di generazione in generazione.