REDDITO DI CITTADINANZA: SERVIREBBE UNA STRATEGIA PER IL LAVORO
Giovanni Marino , napoletano, imprenditore agricolo e operatore sociale, si occupa professionalmente di politiche sociali e in particolare di politiche attive del lavoro. Da un suo lungo articolo sul reddito di cittadinanza pubblichiamo qui le sue conclusioni poiché, al di là di ogni giudizio politico, contengono delle proposte: riteniamo che sia il miglior modo per costruire un nuovo mondo del lavoro.
Al netto della propaganda, non si può non considerare positivamente il fatto che il Governo in carica abbia deciso di investire circa il triplo di quanto investito dall’ultimo Governo per contrastare la povertà e l’esclusione sociale.
Questo tuttavia non ha nulla a che vedere con un piano innovativo di moderne ed efficienti politiche attive per il lavoro, che infatti non c’è, né può essere considerato tale il solo previsto incremento del numero di addetti dei Centri per l’impiego. Su tirocini, stage, formazione professionale, borse lavoro, incentivi all’imprenditoria giovanile, modalità operative dei centri per l’impiego, il Governo gialloverde non ha nulla da aggiungere rispetto ai Governi precedenti; nulla dire né da migliorare.
Anche dal punto di vista dell’efficacia “assistenziale”, aggettivo che per chi scrive non è una parolaccia, specialmente quando i destinatari di tali politiche “assistenziali” sono le famiglie povere e/o multiproblematiche, l’impianto del “Reddito di cittadinanza” è opinabile e criticabile, in primo luogo per il carattere fortemente vessatorio e di stampo poliziesco della misura che “colpevolizza” i destinatari e induce un rapporto assolutamente squilibrato tra il personale dei servizi (servizi sociali, centri per l’impiego) e gli utenti, stigmatizzati come “parassiti e indolenti di fatto” che vanno compulsati, piuttosto che aiutati, a cercarsi un lavoro che altrimenti non sarebbero in grado di trovarsi da soli.
E’ quindi sbagliato legare il sussidio economico alla disponibilità del beneficiario ad accettare una offerta di lavoro “congrua”? Cambierei la domanda. A parità di risorse investite, non sarebbe forse più efficace finanziare periodi e percorsi di formazione lavoro, presso aziende accuratamente selezionate di vari settori, promossi da una pluralità di soggetti, pubblici e privati (Centri per l’impiego, enti di formazione, cooperative sociali, ecc.), offrendo a cittadini disoccupati (migranti inclusi), opportunamente “orientati” sulla base delle loro attitudini e capacità, la possibilità di effettuare un tirocinio o una serie di stage presso più aziende, beneficiando di una borsa lavoro a carico dello Stato durante tale periodo di formazione, senza alcun onere economico per le imprese, che avrebbero così la possibilità di verificare, in tempi congrui, attitudini e capacità della persona, di cominciare a formarla e quindi, eventualmente, al termine del percorso, assumerla?
Fonte: Politica – da un articolo di Giovanni Marino, 28 gennaio 2019