I PARAMETRI DEL MOBBING: SENTENZA Cass. Civ. n. 10037 del 15.05.2015).
1) AMBIENTE LAVORATIVO. La vicenda conflittuale deve avvenire sul luogo di lavoro.
2) DURATA. Le vessazioni devono perdurare per almeno sei mesi, Ad eccezione dei casi “quick mobbing” (ovvero attacchi molto frequenti e intensi e inoperosità), dove il termine viene ridotto a tre mesi.
3) FREQUENZA. Le vessazioni devono avvenire con cadenza di alcune volte al mese. Non rilevano, come noto, le condotte sporadiche.
4) TIPO DI AZIONI. Il mobbing deve concretizzarsi in condotte illecite reiterate e si presenta come una forma di terrore psicologico che viene esercitato sul posto di lavoro attraverso attacchi ripetuti da parte di colleghi o dei datori di lavoro. Tali azioni devono concretizzarsi in :attacchi ai contatti umani e alla possibilità di comunicare; isolamento sistematico; cambiamenti nelle mansioni lavorative; attacchi alla reputazione; violenze o minacce.
5) DISEGUAGLIANZA TRA LE PARTI. La vittima deve essere di una posizione di inferiorità. L’inferiorità non si riferisce necessariamente alla posizione gerarchica nell’organigramma dell’interno dell’azienda, ma anche a un dislivello di potere.
6) ANDAMENTO SECONDO FASI SUCCESSIVE È necessario che la vicenda abbia raggiunto almeno la fase in cui il conflitto si è incanalato nella direzione di una determinata vittima che percepisce l’inasprimento dei rapporti e prova un crescente disagio.
7) INTENTO PERSECUTORIO. Devono essere riscontrabili concreti intenti vessatori, ad esempio allontanare la vittima dal posto di lavoro, metterlo in cattiva luce, bloccargli la carriera, isolarlo, metterlo in ridicolo, punirlo per qualcosa di cui lo ritiene responsabile, lasciarlo inoperoso, ecc.
Fonte: Fumo passivo: va risarcito il danno da mobbing
(www.StudioCataldi.it)