Depressione, indennità, accompagnamento e permessi: i benefici
La depressione, o disturbo depressivo maggiore (MDD), è una patologia con pari dignità rispetto alle altre infermità, pur risultando cause e sintomi di non agile individuazione. Si tratta di una malattia invalidante che coinvolge influenza negativamente non solo lo stato di salute complessivo, ma anche la vita familiare, lavorativa e sociale. L’incidenza della malattia è tale che, in Italia, è stata la prima causa di assenza dal lavoro, nel 2014, ed a soffrirne in tutta Europa sono circa 32 milioni di persone, secondo un sondaggio europeo dell’EU-Osha, l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro. Nei casi più gravi, dallo stato ansioso-depressivo può derivare una riduzione della capacità lavorativa, un handicap, ed addirittura la necessità di ausilio nel compimento degli atti quotidiani della vita. Vediamo ora le agevolazioni lavorative ed economiche concesse in relazione alla gravità dello stato depressivo.
Depressione e assenze per malattia
Essendo, come già esposto, la depressione una patologia psichica, il lavoratore, qualora il medico curante ne ravvisi la necessità, potrà assentarsi dal lavoro.
Per quanto concerne le assenze causate da sindrome ansioso-depressiva, gli adempimenti da espletare saranno gli stessi previsti per la generalità delle astensioni per malattia:
– redazione del certificato dal proprio medico curante ed invio dello stesso, telematicamente, all’Inps, entro il giorno successivo dal verificarsi della patologia;
– preavvertimento del datore di lavoro, e successivo inoltro del numero di protocollo telematico del certificato (secondo accordi collettivi o individuali).
Il dipendente sarà poi tenuto alla disponibilità durante le consuete fasce orarie di reperibilità per la visita fiscale, ossia:
– dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00, per i lavoratori del settore privato;
– dalle 9:00 alle 13:00, e dalle 15:00 alle 18:00, per i dipendenti pubblici.
Sono giustificabili le assenze alla visita fiscale dovute all’effettuazione di terapie o visite specialistiche (per le quali il lavoratore dovrà comunque avvertire e fornire idonea attestazione), nonché quelle necessitate.
Ricordiamo, poi, che non esiste obbligo di reperibilità in caso di malattie nelle quali è a rischio la vita del lavoratore, d’infortunio sul lavoro, patologie per causa di servizio, gravidanza a rischio, ricovero ospedaliero ed eventi morbosi correlati all’invalidità attestata. In quest’ultimo caso, dunque, qualora dalla patologia depressiva sia derivata una riduzione della capacità lavorativa, e l’assenza sia dovuta all’acutizzarsi della patologia stessa, o ad una malattia connessa, il lavoratore non sarà sanzionabile per la mancata disponibilità alla visita fiscale.
Visto che la depressione, a differenza delle ordinarie patologie, non trova giovamento nella permanenza in luoghi chiusi, come appunto l’abitazione, il lavoratore non può essere sanzionato per essersi recato ad effettuare attività all’aperto, anche ludiche, durante il periodo di malattia: è quanto affermato da una recente sentenza della Cassazione [1], nella quale era stato rigettato il ricorso di una società, che avrebbe voluto licenziare un dipendente poiché sorpreso in spiaggia durante un periodo di malattia. Secondo la Suprema Corte, il recarsi in spiaggia non concretizza un comportamento tale da compromettere lo stato di salute del lavoratore, ma, nel caso della sindrome ansioso-depressiva, al contrario, può aiutare la guarigione: pertanto, non è meritevole di sanzione il lavoratore assente per patologie psichiche che effettua attività di svago.
Depressione e invalidità
Come accennavamo, nei casi più gravi, dalla depressione può derivare la riduzione della capacità lavorativa. In particolare, per quanto concerne le casistiche più diffuse, relativamente alle patologie depressive, le tabelle relative alle percentuali d’invalidità riconoscibile indicano i seguenti importi:
– sindrome depressiva endoreattiva lieve: 10%;
– sindrome depressiva endoreattiva media: 25%;
– sindrome depressiva endoreattiva grave: dal 31% al 40%;
– sindrome depressiva endogena lieve: 30%;
– sindrome depressiva endogena media: dal 41% al 50%;
– sindrome depressiva endogena grave: dal 71% all’80%;
– nevrosi fobico ossessiva e/o ipocondriaca di media entità: dal 21% al 30%;
– nevrosi fobico ossessiva lieve: 15%;
– nevrosi fobico ossessiva grave: dal 41% al 50%;
– nevrosi ansiosa: 15%;
– psicosi ossessiva: dal 71% all’80%.
Il riconoscimento dell’invalidità deve essere richiesto all’Inps (tramite servizi online, contact center o patronato), ed è effettuato da un’apposita commissione medica.
Ricordiamo che l’assegno d’invalidità ordinario è riconosciuto per riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo (quindi per invalidità superiori al 67%), in presenza dei requisiti contributivi (5 anni di contribuzione, almeno 3 anni di contributi versati nell’ultimo quinquennio), e si calcola, al pari della pensione, sulla contribuzione versata (quindi col metodo retributivo o contributivo, a seconda della collocazione temporale dei contributi, e del possesso, o meno, di 18 anni di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995).
In assenza dei requisiti contributivi, può essere riconosciuto l’assegno d’invalidità civile (assegno di assistenza mensile per invalidi civili parziali), ma solo qualora si possieda un’invalidità superiore al 74% ed un reddito non superiore a 4.805,19 Euro (per l’anno 2015); l’assegno ammonta, per il 2015, a 279,75 euro, per 13 mensilità. Si tratta di un reddito esente da Irpef, incompatibile con lo svolgimento di un’attività lavorativa, contrariamente all’assegno d’invalidità ordinario.
Inoltre, i lavoratori con invalidità civile riconosciuta in misura superiore al 45%, hanno diritto al Collocamento Mirato, che consiste nell’accesso ai servizi di sostegno dedicati, e nell’iscrizione alle liste speciali, secondo quanto previsto dalla Legge 68 [3]
Depressione e Legge 104
Da non confondere con l’invalidità, che consiste, come già detto, nella riduzione della capacità lavorativa, è il possesso dell’handicap, che viene riconosciuto a chi ha una disabilità mentale, motoria o sensoriale tale da impedire o limitare notevolmente l’integrazione sociale, lavorativa, personale e familiare.
Qualora il lavoratore depresso sia riconosciuto (dall’apposita commissione medica) portatore di handicap in situazione di gravità [2], avrà diritto a tutti i benefici connessi a tale status, quali, ad esempio:
– permessi retribuiti Legge 104 (diritto di assentarsi per 3 giornate mensili);
– scelta della sede di lavoro;
– rifiuto al trasferimento;
– agevolazioni fiscali (acquisto dell’auto, acquisto di pc e sussidi informatici, detrazione delle spese di assistenza, deduzione delle spese mediche e di assistenza specifica…).
Depressione e assegno di accompagnamento
Qualora il soggetto depresso si trovi in uno stato tale da essere impossibilitato a compiere gli atti della vita quotidiana senza l’aiuto di un accompagnatore, avrà diritto all’assegno di accompagnamento: l’importo dell’indennità di accompagnamento è pari, per il 2015, a 508,55 euro mensili.
Pensione anticipata per depressione
Lo stato depressivo, di per sé, non “fa sconti” sui requisiti della pensione, ma questi sono anticipati qualora dalla depressioni derivi una determinata percentuale d’invalidità. Nel dettaglio:
– qualora il lavoratore depresso possieda un’invalidità superiore al 74%, avrà diritto a 2 mesi di contributi figurativi aggiuntivi l’anno, fino ad un massimo di 5 anni;
– qualora il lavoratore depresso possieda un’invalidità superiore all’80%, potrà anticipare la pensione di vecchiaia: per l’accesso al trattamento sono necessari almeno 60 anni e 7 mesi di età per gli uomini e 55 anni e 7 mesi per le donne, con almeno 20 anni di contributi (15 se beneficiari della Deroga Amato o richiedenti l’Opzione Contributiva Dini). L’anticipo, però, non è valido per i dipendenti pubblici.