Le ragioni (e le canzoni) della nostra azione caritativa/ 1.
Un bisogno che abbiamo scoperto.
Ormai da alcuni anni i volontari dell’associazione La goccia di Lube accompagnano al reinserimento lavorativo le persone che stanno chiudendo i loro conti con la giustizia soprattutto quelle che beneficiano di forme di restrizione della libertà all’esterno del carcere, come la detenzione domiciliare e l’affidamento in prova al servizio sociale, nel caso degli adulti, e come la “messa alla prova” per i giovani tra i 18 e i 25 anni. Di norma, si tratta di persone – parliamo in particolare degli adulti – che sono anche state rinchiuse per un certo periodo negli istituti di pena. Il loro primo passo verso la riconquista della libertà è, sempre di più oggi, quello di poter accedere alle cosiddette misure alternative al carcere – la detenzione domiciliare, l’affidamento in prova, la messa alla prova, per l’appunto – quando è ormai prossimo il fatidico momento del “fine-pena” o quando quelle sono sostitutive di una condanna, come nel caso dei giovani.
E’ chiaro perciò a chiunque che una condanna penale, l’esperienza del carcere o comunque altre forme di restrizione della libertà, sono condizioni di vita che allontanano le persone dal mondo del lavoro. Ecco la questione dirimente: se proprio queste persone, nel momento in cui si ritrovano fuori dal carcere, quasi-libere, non hanno un lavoro, come possono mantenersi e sopravvivere (se non sono benestanti) e magari anche resistere alla tentazione di reiterare quei reati che le hanno messe nei guai giudiziari? Impegnarsi per loro è certamente un modo per aiutarle a dare una svolta alla propria vita… perché non si vive di soli aiuti assistenziali. Ma più del cibo, più della casa, più delle cure mediche è la possibilità di lavorare il punto decisivo dopo “incidenti” come quelli di dover saldare un conto con la giustizia umana. L’azione caritativa de La goccia di Lube nasce dall’aver incontrato questo mondo, questi problemi, o meglio ancora, le persone – donne e uomini – che si trovano in questo mondo, in questi problemi. Un fenomeno che, come spesso diciamo, è ai più sconosciuto.
Quindi, noi ci dedichiamo alla riscatto delle persone che escono da un percorso detentivo e aiutiamo a cercare lavoro anche chi la condanna l’ha espiata ed è completamente libero (o magari deve sottostare a un periodo più o meno lungo di libertà vigilata). Tutto qua? C’è tanto… Ci siamo inventati anche un progetto, che abbiamo chiamato Progetto Impresa Accogliente, per rispondere a questo bisogno che abbiamo incontrato e per chiamare a raccolta il mondo dell’impresa per sostenere la ripresa umana e professionale delle persone che incontriamo grazie alle segnalazioni di due enti della giustizia con i quali siamo legati da un protocollo d’intesa: l’Uiepe (Ufficio esecuzione penale esterna) e l’Ussm (Ufficio servizio sociale per i minorenni).

I volontari che prendono in carico le persone in misura alternativa
La goccia di Lube, con il Progetto Impresa Accogliente, si avvale dell’apporto di tre specifiche attività volontarie.
La prima è quella di coloro – il cosiddetto Gruppo Volontari – che prendono in carico gli adulti segnalati dall’Uiepe. Questi volontari, il terzo sabato di ogni mese, a coppie, effettuano, in presenza, un primo colloquio conoscitivo orientato a conoscere la persona da prendere in carico e ne valutano contestualmente la sua situazione giuridica rispetto alla giustizia, quella sociale, la formazione acquisita e le capacità professionali. In un successivo incontro, online, insieme con gli altri volontari, definiscono un piano di accompagnamento al lavoro che tenga conto delle caratteristiche della persona presa in carico e che può prevedere anche step formativi. Il team operativo dell’associazione e del Progetto si occupa di dare concretezza all’intervento, fissando appuntamenti con enti, organizzazioni e imprese, mentre i volontari stanno accanto all’utente e lo sostengono in tutto il percorso. Spesso questo avviene nelle forme di un rapporto che può anche diventare di amicizia, con l’accompagnamento a un colloquio, con una telefonata, con un caffè preso insieme… facendosi sentire prossimi e partecipi.
C’è poi un altro gruppo di volontari – chiamato Gruppo Giovani – che si impegna invece a prendere in carico i giovani segnalati dall’Ussm. Come per gli adulti, questi volontari sostengono i colloqui conoscitivi con i giovani – dai 18 ai 25 anni che hanno compiuto reati da adolescenti – . Tali colloqui avvengono nella sede dell’Ussm in giorni e orari concordati tra loro stessi e gli assistenti sociali e gli educatori dei giovani. Anche in questo caso, come per gli adulti, al colloquio conoscitivo segue una fase di valutazione tra volontari e operatori per definire un piano di intervento e di accompagnamento alla formazione e alla ricerca del lavoro. L’impegno dei volontari con i giovani richiede una sensibilità e una delicatezza particolari.
Questi primi due gruppi di volontari fanno capo alla coordinatrice delle prese in carico, Bianca Eula, una delle due figure di riferimento del Progetto Impresa Accogliente.
Infine, La goccia di Lube dispone di un gruppo di volontari che si è dato l’obiettivo di cercare opportunità lavorative per le persone prese in carico dagli altri due gruppi. Si chiama Gruppo Ricerca Lavoro (GRL). Attorno alla figura di riferimento per questa attività, Silvia Lessona, d’intesa con il vicepresidente de La goccia di Lube, Dario Valenzano, ruotano altri volontari. Questi, insieme con Lessona e Valenzano, vanno a incontrare cooperative e imprese e instaurano rapporti continuativi con loro in modo da avere sempre pronto un bacino di possibili offerte di lavoro per le persone via via prese in carico dal Progetto. I volontari del GRL stilano un elenco di “Imprese Disponibili” a offrire lavoro e lo mettono a disposizione come opportunità agli altri due gruppi. Questo gruppo è forse quello che ha davanti a sé il cammino probabilmente più difficile e intenso perché nello sviluppo del Progetto è indispensabile che siano instaurati rapporti solidi e di fiducia con gli imprenditori, per dare loro garanzie di serietà sulle candidature e per individuare gli eventuali benefici di legge per le assunzioni o i tirocini. Occorre avere un elenco sempre più grande di “Imprese Disponibili” e nel medesimo tempo il gruppo ha anche bisogno di ulteriori volontari rispetto alla decina di persone attualmente in azione. Si tratta di un lavoro volontario che richiede forse un po’ più di tempo libero rispetto agli altri due gruppi.
Questa è, nel suo insieme, l’attività caritativa svolta dai volontari de La goccia di Lube nell’ambito del Progetto Impresa Accogliente.

Lo scopo della nostra azione caritativa
Ma l’associazione ha, da sempre, il desiderio che i volontari possano fare con questa attività un’esperienza di vicinanza verso gli altri senza che questa diventi un mero sforzo di fare del bene. All’inverso, le attività fin qui svolte mostrano che fare i volontari per La goccia di Lube, pur in mezzo a momenti di fatica, corrisponde “alla natura nostra” che “ci dà l’esigenza di interessarci degli altri”. E’ un modo, questo, per riscoprire il proprio volto umano, la propria “natura”, come esplicita la frase citata da un testo di Luigi Giussani che da sempre è il punto di riferimento per tutta l’azione dei volontari de La goccia di Lube. Non si sottolinea dunque l’aspetto dello sforzo morale, ma il riconoscimento di una naturale – comune a qualsiasi donna o uomo a questo mondo – tendenza ad agire per il bene degli altri. Il testo suggerisce di guardare sè stessi in azione: “Quando c’è qualcosa di bello in noi, ci sentiamo spinti a comunicarlo agli altri. Quando si vedono altri che stanno peggio di noi, ci sentiamo spinti ad aiutarli in qualcosa di nostro”. E’ uno slancio, che spesso esplode in noi in modo automatico e persino inconsapevole, che indica l’esistenza di una sorta di legge dell’esistenza alla quale ognuno di noi tende. Ecco, noi proponiamo a tutti di poter fare questa scoperta di sé stessi operando per il Progetto Impresa Accogliente.
Abbiamo scoperto in questi mesi alcune canzoni che esprimono molto bene questa esperienza. C’è per esempio una bellissima canzone brasiliana, intitolata Balada da caridade, che dice così:
Para mim a chuva no telhado
é cantiga de ninar,
mas o pobre meu irmão…
Para êle a chuva fria
vai entrando em seu barraco
e faz lama pelo chão.
Como posso ser feliz
se ao pobre meu irmão,
eu fechei o coraçao,
meu amor eu recusei?
Como posso…
Para mim o vento que assobia
é noturna melodia,
mas o pobre meu irmão…
ouve o vento, angustiado,
pois o vento, êste malvado,
lhe desmancha o barracâo.
Ecco la traduzione:
Per me la pioggia sul tetto è una cantilena da ninna nanna, ma il mio fratello povero…
Per lui la pioggia fredda penetra nella baracca e forma fango sul pavimento.
Come posso essere felice se al povero mio fratello ho chiuso il mio cuore
e ho rifiutato il mio amore?
Per me il vento che fischia è una melodia, ma il mio fratello povero…
ascolta il vento angustiato, perché il vento, questo malvagio, gli distrugge la baracca.
Facciamo bene a dare ascolto al nostro cuore, dice la canzone, un cuore che ci spinge ad andare incontro agli altri, che ci porterebbe persino “a morire” per gli altri che stanno peggio di noi. E’ quanto afferma Mogol nella notissima canzone di Lucio Battisti “Anche per te”. L’autore esprime il bisogno infinito di aiutare chi sta peggio di lui, chi soffre (sono raccontate tre figure femminili) ma scopre anche la sua incapacità a farlo (“Io resto qui”). E’ solo nel suo desiderio e nella sua impotenza. Noi invece facciamo la caritativa insieme per permetterci di soddisfare questo bisogno di aiutare gli altri, perché altrimenti non ne saremmo capaci. Ascoltiamola.
Per te che è ancora notte e già prepari il tuo caffè
Che ti vesti senza più guardar lo specchio dietro a te
Che poi entri in chiesa e preghi piano
E intanto pensi al mondo, ormai, per te così lontano
Per te che di mattina torni a casa tua, perché
Per strada più nessuno ha freddo e cerca più di te
Per te che metti i soldi accanto a lui che dorme
E aggiungi ancora un po’ d’amore a chi non sa che farne
Anche per te vorrei morire ed io morir non so
Anche per te darei qualcosa che non ho
E così, e così, e così
Io resto qui
A darle i miei pensieri
A darle quel che ieri
Avrei affidato al vento, cercando di raggiungere chi
Al vento avrebbe detto sì
Per te che di mattina svegli il tuo bambino e poi
Lo vesti e lo accompagni a scuola e al tuo lavoro vai
Per te che un errore ti è costato tanto
Che tremi nel guardare un uomo e vivi di rimpianto
Anche per te vorrei morire ed io morir non so
Anche per te darei qualcosa che non ho
E così, e così, e così
Io resto qui
A darle i miei pensieri
A darle quel che ieri
Avrei affidato al vento cercando di raggiungere chi
Al vento avrebbe detto sì.
La canzone di Battisti dimostra quanto sia proprio dell’esperienza umana il desiderio di aiutare gli altri che stanno peggio di noi. E’ davvero qualcosa di naturale, di inscritto nella natura umana, “che è dentro di noi” che spinge a dare di più, come dice la famosissima canzone eseguita da Gianni Morandi, Umberto Tozzi ed Enrico Ruggeri. Ascoltiamola:
In questa notte di venerdì
Perché non dormi, perché sei qui
Perché non parti per un week-end
Che ti riporti dentro di te
Cosa ti manca, cosa non hai
Cos’è che insegui se non lo sai
Se la tua corsa finisse qui
Forse sarebbe meglio così
Ma se afferri un’idea che ti apre una via
E la tieni con te o ne segui la scia
Risalendo vedrai quanti cadono giù
E per loro tu puoi fare di più
In questa barca persa nel blu
Noi siamo solo dei marinai
Tutti sommersi non solo tu
Nelle bufere dei nostri guai
Perché la guerra, la carestia
Non sono scene viste in TV
E non puoi dire “lascia che sia”
Perché ne avresti un po’ colpa anche tu
Si può dare di più, perché è dentro di noi
Si può dare di più senza essere eroi
Come fare non so, non lo sai neanche tu
Ma di certo si può dare di più
Perché il tempo va sulle nostre vite
Rubando i minuti di un’eternità
E se parlo con te e ti chiedo di più
È perché te sono io, non solo tu
Si può dare di più, perché è dentro di noi
Si può dare di più senza essere eroi
Come fare non so, non lo sai neanche tu
Ma di certo si può dare di più
In un prossimo articolo affronteremo altri aspetti della nostra azione caritativa.
Adriano Moraglio