Il castello

Da: “ARCHEOLOGIA A PORTE APERTE”

Situato all’imbocco della Valle di Susa, sulla cima del Monte Pezzulano (467 m s.l.m.), il castello domina il paesaggio della collina morenica con i laghi, i borghi che compongono Avigliana, la Sacra di S. Michele e la bassa valle della Dora.

Le indagini archeologiche si sono svolte in tre campagne tra il 1988 e il 1990, più un intervento nel 1997, in occasione del cantiere di restauro delle cortine e di sistemazione dei percorsi.
Gli scavi hanno interessato una parte della superficie interna del castello e non si sono potuti approfondire fino ai piani d’uso medievali a causa degli ingenti riporti effettuati tra Cinque e Seicento per gli adeguamenti difensivi contro le artiglierie, che li hanno quindi sepolti sotto circa due metri di terra: i livelli attualmente percorribili sono dunque molto falsati rispetto alle quote originali.

Integrando e confrontando i risultati archeologici con le notizie tratte dai documenti scritti e da alcune raffigurazioni del castello, si possono riconoscere le principali componenti del complesso fortificato e le loro evoluzioni nel tempo.

Secoli X-XII La più antica citazione del “castrum Avilianae” risale al 961, ma nulla sappiamo sulla consistenza edilizia del castrum della fine del X secolo e ben poco anche dei due secoli successivi: nell’XI secolo divenne proprietà dei Savoia, che lo ricevettero in dote per il matrimonio della contessa Adelaide di Susa con Oddone di Moriana, e nel 1187 risulta che il castello fu danneggiato nel corso dell’assedio e della conquista di Avigliana da parte dell’imperatore Enrico VI. Tratti di muratura a corsi di pietra disposti a “spina di pesce” caratterizzano genericamente le parti più antiche delle strutture, mentre l’impiego di blocchi squadrati compare nelle aggiunte successive.

Secoli XIII-XIV L’immagine che affiora in frammenti dalla documentazione scritta dei secoli XIII e XIV è invece più precisa e può corrispondere in generale all’impianto ancora in parte percepibile: racchiuso da una cinta di forma irregolarmente ellissoidale che segue il profilo del rilievo naturale, il castello comprende una manica residenziale, con cappella, addossata al lato orientale, una massiccia torre quadrata centrale ed una falsa torre semicircolare nell’angolo sud, verso il borgo di Folonia dove sorge la chiesa di S. Pietro.
Nel corso del Duecento la porta del castello, un fossato e un forno sono menzionati in relazione a lavori di costruzione o di manutenzione, come la riparazione di tetti in scandole di legno e coppi. Nel 1212 compare citata la cappella del castello, dedicata a S. Maria Maddalena; tra il 1267 e il 1268 è segnalata per la prima volta l’aula castri, l’aula delle udienze, mentre dal 1306-1307 accanto all’aula si trova la sala castri, anch’essa destinata alla vita di relazione e agli atti di governo. I documenti trecenteschi attestano uno sviluppo verticale a più piani della manica residenziale, dove gli ambienti di rappresentanza e la cappella si trovano ai livelli superiori, al di sopra di locali di passaggio, di servizio e cantine situati a piano terra; quest’ala affacciava su una corte interna superiore, mentre sulla sottostante piccola basse cour gravitavano le stalle, il forno per il pane e il granerium, utilizzato per immagazzinare i proventi in natura ricavati dal pagamento dei banna (tributi). L’acqua piovana veniva raccolta da gronde di legno e convogliata nella cisterna, scavata nella roccia.


Secolo XV La ricostruzione planimetrica della fase tardo-medievale, basata sulle parti rimaste e sui risultati degli scavi, può essere confrontata con la preziosa immagine del castello raffigurata in un affresco quattrocentesco della chiesa di S. Pietro.
Vi si riconosce il lungo camminamento di ingresso, protetto da torri e alte muraglie, che conduceva al torrione quadrato, non ben identificabile nell’affresco ma attestato dai documenti e dalle planimetrie cinquecentesche e ritrovato in scavo.
Pur con qualche errore di prospettiva, il dipinto ci da l’immagine della falsa torre rotonda e degli articolati volumi della chiesa e degli edifici residenziali che emergono dalle mura merlate.


Secolo XVI Nel 1536 il castello subì gravi danni da parte dei Francesi, ma fu poi risistemato. Una mappa datata 1593-1595 ci dà la pianta del complesso alla fine del secolo e identifica con scritte gli ambienti della manica residenziale situati al piano superiore: una camera inglobata nel torrione sud, una recamera, la salla e la capella. La porta del castello è sempre rivolta verso il Borgo Vecchio e al centro della corte è ancora presente la ritrovata torre quadrangolare.
Completa il disegno un massiccio terapieno addossato alla cortina occidentale, creato per adeguare le difese all’introduzione delle armi da fuoco. Il riporto di terra è stato riconosciuto archeologicamente e sono emersi anche un muro di contenimento interno, parallelo alla cortina occidentale, e tre muri di spina ortogonali realizzati per irrobustire il terrapieno, che potrebbero tuttavia anche appartenere agli interventi seicenteschi.

Dai secoli XVII-XVIII a oggi Nel 1629 Carlo Emanuele I incaricò Carlo di Castellamonte di elaborare un ambizioso progetto di “ammodernamento” della piazzaforte, ritenuta fondamentale per la difesa del territorio piemontese, ma i lavori appena iniziati furono vanificati l’anno seguente dai Francesi, che conquistarono il castello e demolirono le opere di potenziamento difensivo. Restituito ai Savoia col Trattato di Cherasco del 1631, fu probabilmente riparato dai danni dell’assedio per la visita (1635) di Cristina di Francia, moglie di Vittorio Amedeo I. In vista di un nuovo, imminente assedio, nel 1690-91 si rafforzarono le strutture con palizzate, trincee e riempimenti dei locali inferiori con terra e letame, allo scopo di attutire i colpi dell’artiglieria, ma queste opere non ressero all’assalto sferrato nel 1691 dal maresciallo Catinat, che, dopo la presa, fece saltare le fortificazioni con le mine. Ridotto a rudere, il castello fu ancora utilizzato per postazioni difensive nel 1700.
Una rappresentazione del noto Theatrum Sabaudiae (Teatro degli stati del Duca di Savoia), realizzato sul finire del Seicento, ritrae Avigliana prima della demolizione del Catinat: il castello vi appare ancora come una solida costruzione contornata da un vasto sistema di mura bastionate alle pendici del monte, frutto degli interventi seicenteschi, ma forse enfatizzate e falsate – come altre vedute del Theatrum – dagli intenti di propaganda dinastica dei Savoia.
Nel 1882 il marchese Gerardo di S. Tommaso donò al comune i resti del castello, che dieci anni dopo furono restaurati. Nel 1927 le rovine furono incluse nella sistemazione a “parco del littorio”, piantumato con pini neri, mentre l’ultimo utilizzo bellico risale alla seconda guerra mondiale.