Non c’è guerra che duri cento anni
Incontro a Torino, presso la sede della sezione ANPI Martinetto, Torino, 3 aprile 2025
- Premessa.
Ho avuto l’opportunità (forse dire fortuna non è il caso) di conoscere e visitare El Salvador durante gli anni della guerra civile. Dal 1980, più precisamente dopo l’assassinio di Monseñor Romero (evento considerato come l’inizio della guerra che durerà fino al 1992), sono entrata a far parte del movimento italiano di solidarietà con il popolo salvadoregno.
E nel 1986 mi sono recata per la prima volta nel paese centroamericano, come membro di una delegazione internazionale chiamata a garantire lo svolgimento del primo congresso ufficiale del sindacato degli insegnanti Andes 21 de Junio, dopo un periodo imposto di silenzio.
Così è cambiata la mia vita, cercando di avvicinarmi sempre di più e meglio a questo popolo che amo, cosciente delle sue contraddizioni e limiti, ma anche della sua ostinazione e determinazione.
Ne parlo quindi non come storica o studiosa, ma come persona che ha cercato in questi quarant’anni condividerne la vita.
- La guerra civile salvadoregna
Ecco una sua sintetica cronologia:
1970 Il popolo salvadoregno, stanco della miseria e delle ingiustizie sociali, costituisce le prime organizzazioni guerrigliere e associazioni di contadini, studenti, operai.
1977 Il generale Romero, installatosi alla presidenza, diede impulso agli squadroni della morte, alle catture, torture, scomparse e assassini di tutti gli oppositori, alle limitazioni dei diritti civili e sociali.
Ciononostante, gli operai occupano le fabbriche, gli abitanti dei tuguri scendono in piazza per richiedere terre per le abitazioni, i preti e i catechisti appoggiano le richieste della popolazione.
1979 I tentativi di riforme portati avanti dalla nuova Giunta di Governo sono ostacolati dall’esercito, sostenuto militarmente ed economicamente dagli Stati Uniti: inizia la guerra che durerà più di dieci anni
1980 Il 24 marzo è assassinato Monsignore Romero, vescovo dei poveri. È considerata storicamente come ufficialmente la data dell’inizio della guerra in El Salvador.
1981 Nasce l’organizzazione politico-militare Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (FMLN) che, congiuntamente all’organizzazione politica Frente Democratico Revolucionario ( FDR) dà inizio ad una offensiva generale nel mese di gennaio.
Nascono le zone controllate dall’FMLN-FDR, che creano veri e propri poteri locali alternativi a quelli statali.
L’esercito, addestrato dagli Stati Uniti, che forniscono istruttori per corpi speciali, cerca di colpire le popolazioni civili, per “sottrarre l’acqua al pesce” ( la guerriglia ): inizia il fenomeno dei “desplazados”, persone costrette ad abbandonare le proprie case e i campi, distrutti e bombardati quotidianamente .
Aumenta il numero dei rifugiati all’estero, legali e illegali.
1984 Nei primi mesi dell’anno le elezioni portano alla presidenza Napoleón Duarte, che non ha dalla sua né l’appoggio dei settori popolari né della media impresa: soltanto gli Stati Uniti appoggiano il suo governo, anzi più di un osservatore internazionale sostiene che sono loro a detenere in realtà il controllo del paese.
1985 I sindacati, le organizzazioni contadine, gli studenti, le comunità di base, si raggruppano nella UNTS, Unión Nacional de Trabajadores Salvadoreños, per far sentire maggiormente la propria voce e contrastare la repressione, che non tende a diminuire.
A livello regionale centroamericano e a livello internazionale si fa largo la prospettiva di una soluzione negoziata della guerra.
Contemporaneamente, grazie anche al lavoro delle associazioni per i diritti umani salvadoregne e internazionali, il governo di El Salvador viene condannato dall’Assemblea delle Nazioni Unite per violazioni dei diritti umani.
1989 Con il boicottaggio dell’FMLN-FDR, si svolgono le elezioni presidenziali e vince Alfredo Cristiani, candidato del partito di Arena, che rappresenta gli interessi dei settori dominanti del paese.
A novembre, l’FMLN-FDR lancia un’offensiva finale: durante questa operazione, il 16 novembre, nell’Università Gesuita dell’UCA, a San Salvador, considerata fino ad allora un’isola “protetta”, 6 gesuiti e 2 persone di servizio vengono assassinati da membri di un Battaglione Speciale dell’Esercito.
1990 – 92 La guerra continua, però si intensifica il dialogo e la concertazione ; la partecipazione delle Nazioni Unite rafforza il processo di negoziazione tra l’FMLN e il governo, che culmina con la firma degli accordi di pace il 31 dicembre 91, rettificata il 16 gennaio 1992 in Messico.
- L’FMLN: attore protagonista della guerra civile
Quattro organizzazioni danno vita il 10 ottobre del 1980 al FMLN, Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional:
- Il Partido Comunista de El Salvador (PCS), formatosi nel 1930.
- Le Fuerzas Populares de Liberación Nacional (FPL) sorte nell’aprile del 1970, all’interno delle lotte per la democrazia e la giustizia sociale
- Il Partido de la Revolución Salvadoreña, più conosciuto come Ejercito Revolucionario del Pueblo (ERP) nato a marzo del 1972,
- la Resistencia Nacional (RN), nate nel maggio 1975 come scissione dall’ERP, dopo l’assassinio del poeta militante Roque Dalton da alcuni suoi compagni di partito, nell’aprile del 1975, con l’accusa di essere una spia della CIA. In realtà fu giustiziato dai suoi compagni, molto probabilmente loro pedine di un gioco più grande. Oggi Roque Dalton è considerato uno dei poeti salvadoregni più importanti, ma la sua tomba non è mai stata ritrovata.
- a cui si aggregherà a dicembre dello stesso anno anche il PRTC, il Partido Revolucionario de los Trabajadores (PRTC) nato nel gennaio del 1976.
L’FMLN condurrà la lunga guerra di liberazione, dal 1980 al 1992, quando verranno firmati a Chapultepec gli Accordi di Pace con lo stato salvadoregno.
Il Primo settembre del 1992, venne firmata la scrittura pubblica di fondazione legale del partito FMLN, avendo come testimoni Monseñor Rivera y Damas, allora Arcivescovo di San Salvador e Monseñor Rosa Chávez.
L’FLMN riuscirà a governare in El Salvador per la prima volta dal 2009 al 2014 con il governo di Mauricio Funes, e dal 2014 al 2019 con Sánchez Cerén, ex guerrigliero. Dal 2019, con l’ascesa al potere di Bukele, l’FMLN praticamente scompare, toccando il minimo storico nelle elezioni del 2024 del 6,40% alle presidenziali, con nessun deputato.
Molto è stato scritto sugli Accordi di Pace, per alcuni inevitabili per impedire un ulteriore bagno di sangue, per altri un “tradimento” dei valori che hanno animato la rivolta popolare.
Vedere ad esempio l’articolo di Raúl Zibechi Centroamerica: movimenti e ‘processi di pace, https://www.labottegadelbarbieri.org/movimenti-e-processi-di-pace/
- Le organizzazioni sociali durante la guerra civile
La capacità della guerriglia di resistere per dodici anni non si potrebbe comprendere senza tener conto dell’appoggio popolare: la UNTS, Unión Nacional de Trabajadores Salvadoreños, sarà il coronamento di una lotta popolare della società civile, che ha attraversato i diversi settori: studenti, contadini, comunità di base, maestri, dirigenti sindacali, attivisti e attiviste dei gruppi sorti in difesa dei Diritti Umani.
È necessario sottolineare l’intreccio tra fede e politica: a partire dalla Conferenza Episcopale di Medellín del 1968, considerata come l’inizio della cosiddetta Teologia della Liberazione in America Latina.
Un Gesù storico che porta dalla conversione religiosa alla conversione nella politica: El Salvador non sarà esente da questo movimento e nasceranno vere e proprie organizzazioni che coniugano Fede e Politica, riconoscendo il peccato nella storia quotidiana e prima di tutto nel sistema capitalista oppressore.
Importante il ruolo delle donne, a partire da ciò che successe nel 1975:
Il 30 luglio 1975, una marcia di protesta organizzata dagli studenti della Universidad Nacional di San Salvador viene intercettata dall’Esercito e la Guardia Nacional, che intervengono anche con i carri armati.
Molti di quegli studenti, furono assassinati, altri furono catturati e crudelmente torturati, altri ancora scomparvero definitivamente. Madri e familiari, alcuni giorni dopo quel massacro, incominciarono la ricerca dei propri cari, visitando ospedali, carceri e sale mortuarie. In quella interminabile ricerca, incominciarono a riconoscersi, iniziando ad aiutarsi vicendevolmente.
Quel massacro, preludio dell’ondata di repressione che si verificherà in El Salvador negli anni 80, durante i dodici anni della guerra civile, generò una forte risposta sociale.
Il 3 agosto 1975, la cosiddetta “Marcha de mujeres vestidas de negros” accompagnò il funerale dei 27 studenti assassinati: vi parteciparono un migliaio circa di donne, sfidando l’esercito.
Il 27 dicembre 1977, quel gruppo di donne che si era incontrato ed aiutato mutuamente nella ricerca dei propri familiari scomparsi, dopo una cena-incontro con Monseñor Romero, diede vita a COMADRES, Comité de Madres Monseñor Oscar Arnulfo Romero.
Le donne dei comitati di madri e familiari hanno rotto il mandato sociale della maternità sottomessa, dando un nuovo significato alla propria lotta
Non si può dimenticare il ruolo della solidarietà internazionale, dal livello istituzionale a quello più movimentista: la Dichiarazione franco messicana del 1981 che riconosceva ufficialmente l’FMLN e l’FDR come forza belligerante nel conflitto ne è un esempio, così come le grandi manifestazioni di massa a sostegno di El Salvador avvenute a Roma nei primi anni Ottanta, denunciando il sostegno massiccio degli USA all’esercito e governo salvadoregno e la complicità dei governi democristiani europei.
- Il fenomeno dei desaparecidos
La desaparición forzada venne adottata come pratica repressiva a partire dagli anni 60 in America Latina, quando i militari al potere credettero di aver scoperto il crimine perfetto.
- Nessuna vittima, nessun colpevole, nessun delitto.
Le organizzazioni dei Diritti Umani stimano che in vent’anni, dal 1966 al 1986, circa novantamila persone furono oggetto di questa aberrante pratica nel continente latino-americano.
30 mila desaparecidos in Argentina, 38 mila in Cile, 40 mila in Guatemala, 5 mila in El Salvador, in Honduras una manciata, la desaparición selettiva.
Alla fine delle dittature, sotto i governi che Eduardo Galeano definisce le democrature, nonostante la creazione di Commissioni di verità e giustizia in diversi paesi, processi e denunce, poche le condanne, molte le amnistie.
Olvido y perdon (dimenticare e perdonare)
In El Salvador la Comisión de la Verdad, prevista dagli accordi di pace, iniziò una lunga raccolta di testimonianze e di dati che culminarono nella relazione finale, intitolata De la Locura a la Esperanza: la guerra de los Doce Años en El Salvador”, presentata ufficialmente il 15 marzo 1993; in tale relazione si dimostrava la responsabilità dell’esercito salvadoregno e degli squadroni della morte nella quasi totalità dei casi di assassini, torture, desapariciones e massacri (vedere quello del Mozote ad esempio, avvenuto nel dicembre 1981, in cui morirono mille persone, di cui molti bambini, e negato per anni).
Ma la Asamblea Legislativa aveva già approvato la Ley de Reconciliación Nacional”, che concedeva l’amnistia a tutti i responsabili degli efferati crimini commessi durante la guerra
- Umanizzando il conflitto
La storia della guerra salvadoregna ha i volti di persone più note, come Mons Romero o i sei gesuiti dell’UCA, ma anche i volti delle migliaia di persone comuni arrestate, fatte sparire, torturate, ammazzate.
Penso agli abitanti di San Francisco Echeverría, vittime del massacro del 1984, a Jurg Weiss internazionalista svizzero con cui collaborai, ammazzato nell’agosto del 1988 perché testimone delle nefandezze dell’esercito, alla maestra Cristina Gómez, che era stata la mia guida nel viaggio del 1986 e fu poi ritrovata uccisa con segni di tortura davanti alla porta della scuola in cui insegnava.
Penso a Febe Velásquez, morta nell’attentato fatto alla sede del sindacato Fenastras il 31 ottobre 1989, a Herbert Anaya Sanabria, presidente della Comisión de Derechos Humanos de El Salvador, CDHES, ucciso il 26 ottobre del 1987. Il suo testimone è stato preso dalla moglie e dalla figlia, Rosa Anaya.
“Siamo coloro che hanno imparato a piangere le ingiustizie per non dimenticarle, e con amore stiamo registrando nella storia i loro nomi per l’eternità; voi invece siete coloro che per mancanza di giustizia non hanno mai smesso di piangere i propri fantasmi, ed i vostri nomi sono condannati al perdono, quel perdono che sgorga dai cuori dei “nessuno” che siamo per voi, ma che esistiamo veramente nella nostra lotta”.
Vedere il mio articolo El Salvador 1987: assassinato Herbert Anaya Sanabria, https://www.labottegadelbarbieri.org/el-salvador-1987-assassinata-herbert-anaya-sanabria/
Penso a Humberto Centeno, sindacalista e poi Ministro del lavoro del governo Funes, liberato dalle oscurità della prigione grazie alla solidarietà internazionale.
Penso a Carlos Consalvi, per tutti Santiago, per anni direttore della Radio Venceremos ed ora direttore del MUPI, Museo de la Palabra y la Imagen a San Salvador.
Penso a tutte e tutti le/gli Imprescindiblə, a cui dedico questo intervento.
Maria Teresa Messidoro,
Vicepresidenta Associazione Lisangà culture in Movimento
Non c’è guerra che duri cento anni