Lil Milagro: il fucile e la penna

di Maria Teresa Messidoro

Quando entrai a far parte del nascente comitato di solidarietà con il popolo di El Salvador,
nell’autunno del 1980, erano passati pochi mesi dall’assassinio di Lil Milagro; lo scoprii poco
tempo dopo, iniziando a dare un volto ad alcune delle protagoniste di quel periodo terribile
eppure fecondo della storia salvadoregna del Novecento.
L’immagine forse più famosa di Lil Milagro è quella risalente ai suoi studi universitari.

È l’immagine di una ragazza appartenente alla borghesia intellettuale della capitale, iscritta
secondo copione alla facoltà di diritto, predestinata a diventare una brillante avvocata; un viso
dolce, incorniciato da quella fascia tra i capelli tipico di una ragazza per bene di quegli anni
Sessanta.
Era tipico di Lil non truccarsi, indossando una felpa rosso-gialla double-face, gonna a pieghe e le
immancabili scarpe da tennis.
Lil entrò all’Università a diciassette anni: suonava la chitarra, scriveva già poesie, i suoi appunti
delle lezioni erano ambiti dai compagni e compagne di corso per poter superare gli esami.
«Siccome il mio segno è Ariete e il mio pianeta reggente è Marte, sono puro fuoco, abbastanza
volenterosa, ma ho un enorme difetto: non mi piace ubbidire. Sono allegra di natura, mi
piacciono le cose chiare e giuste, soprattutto quelle morali, non sopporto né le volgarità né le
ingiustizie, e anche se mi piace divertirmi, cerco di farlo in modo sano e senza offendere
nessuno. Sono contenta di me stessa, e ciò mi basta»
Così scriveva Lil il 29 novembre del 1966, a vent’anni, al terzo anno d’università.
A quel tempo era vegetariana, seguendo le orme di sua madre, Doña Tanchito, che si divertiva a
predire il futuro alle compagne di Lil con l’astrologia; nella casa di famiglia del quartiere San
Jacinto, in un piccolo studio a fianco della cucina, tra un vecchio piano, una lavagna e una pila
incredibile di libri e ritagli di giornale, Lil aveva già iniziato a scrivere poesie e piccoli racconti
con lo pseudonimo di Clara Patricia Marcel; aveva inviato i suoi primo acerbi componimenti a
Juana de Ibarbourou, una celebre poetessa e scrittrice uruguaiana, che rimase colpita dalle sue
capacità, nonostante la giovane età.
Era il tempo della poesia dedicata ad ottobre: «Non soffiare vento/ con la tua vigorosa forza/
non voglio ricordare ciò che se ne è andato/ ottobre dell’amore/ bacio perso/ che incomincia a
farmi innamorare/ e non finisce mai…»
Non poteva immaginare Lil che sarebbe stata ammazzata proprio ad ottobre di molti anni dopo.
Fu capace di mantenere contatti con alcune delle sue amiche più care, tra cui Miriam Medrano,
recatasi a Mosca all’interno di un progetto di formazione per giovani quadri del Partito
Comunista. Così le scriveva: «Per il sentire e il pensiero non ci sono frontiere, né mare né vento
né distanza alcuna, né tramonto dorato né notte oscura. Conversa con la mia voce quando vuoi,
quando trovi l’occasione per un argomento. Oggi la penna è tua amica, il foglio una
consolazione…»
Erano gli anni di Medellín, dove, nell’agosto del 1968, si realizzò la Conferenza generale
dell’episcopato latinoamericano, in cui l’opzione dei poveri e la teologia della liberazione
segnarono un prima e un dopo nella storia ecclesiale del continente latinoamericano.

Lil ne fu profondamente coinvolta: a proposito della scelta sacerdotale guerrigliera, Lil cantava,
accompagnata dalla sua chitarra: «Dicono che lassù in cielo si ascoltò una voce/ era Dio che
gridava/ Rivoluzione rivedi gli abiti talari/ perché nella guerriglia ci sta bene un sacrestano…»
Sono gli anni degli incontri fecondi che duravano notti interminabili nel Bolerama Jardín, il
locale costruito nel quartiere Tres Torres di San Salvador.
Inizia la trasformazione di Lil: ora è una graziosa ragazza, si trucca leggermente, è più curata nei
vestiti, ha abbandonato il vegetarianismo, marcia al ritmo dei tempi, fondendo il suo profondo
cristianesimo con una incipiente attività rivoluzionaria.
È la svolta: «Le parole non bastano quando uno è sincero, e crede onestamente in ciò che dice e
ammira le opere di chi ha vissuto coerentemente con ciò che pensa; non rimane altra strada
che agire di conseguenza, anche se i sacrifici saranno grandi e dolorosi…».
Lil entra in clandestinità, una scelta mascherata da un probabile viaggio di studio per un corso
post laurea in Europa; nessuno le credette, ma per un tempo le amiche più care ricevettero
cartoline affrancate in Belgio e Francia, con frasi generiche di saluto.
Ritorna in patria probabilmente nel 1971, riuscendo a mantenere amicizie importanti,
nonostante le regole ferree della clandestinità in cui era profondamente immersa. Scriverà ad
esempio una poesia in occasione della nascita della seconda figlia di Miriam, con cui aveva
mantenuto rapporti: «Nasci vincolata alla trincea/ è giusto che tu conosca la tua eredità/ non ti
dia fastidio/ piccolina/ che ti circondino con canzoni di protesta/ e che ti parlino/ mentre sei
nella culla/ di rivoluzione e coscienza…».
Lil assisterà al brutale intervento delle Forze Armate nell’Università di San Salvador, nel 1972,
una delle pagine più buie nella storia di repressione e ingerenza del paese centroamericano.
Ormai la sua scelta è chiara: insieme ad altri guerriglieri fonda l’Ejército Revolucionario del
Pueblo, l’ERP, in cui lavora fianco a fianco con Roque Dalton, poeta e scrittore oltre che
rivoluzionario, con cui probabilmente intreccia una relazione sentimentale.
Secondo alcuni studiosi, il Tercer poema de amor di Roque Dalton è dedicato a Lil.
Proprio in seguito all’assassinio di Roque Dalton, deciso probabilmente all’interno dello stesso
gruppo per divergenze interne, divergenze mascherate dall’accusa di essere spia della CIA, Lil
Milagro uscì dall’ERP ed insieme ad alcuni compagni fondò un nuovo gruppo, Resistencia
Nacional.
Di quegli anni in clandestinità poco si sa, rimane una bellissima e lunga lettera scritta al padre,
una lettera in cui Lil espone chiaramente le ragioni delle sue scelte politiche, e la riconoscenza
che gli deve per tutto ciò che le ha insegnato.
Non potendo essere presente alla festa di compleanno del padre, gli dedica una poesia, per
dimostrargli quanto gli voglia bene e lo ammiri: «E verranno i tuoi nipoti a baciarti/ e verranno i
tuoi figli/ per circondare il tavolo che presiederai/ e ci sarà un posto vuoto… Lasciami

ringraziarti/ perché mi insegnasti ad amare la libertà e a rispettare il popolo/ dal tuo nobile
cuore/ germogliò senza dubbio questa fiammella/ che adesso senza alcun dubbio mi consuma./
E la tua voce altosonante /risvegliò per sempre/ la mia coscienza ….»
La relazione con la famiglia, una famiglia di maestri e letterati, è fondamentale nella vita di Lil e
si manifesta in quelle poesie che farà recapitare alla madre e al padre tutte le volte in cui è
possibile.
Alla madre scrive nel 1972: «Nel fondo di me stessa, vive una idealista con la testa tra le nubi e i
piedi per terra, che ha voluto estendere le braccia verso l’umanità anche se ciò significa la croce
e il sacrificio»
Sono parole purtroppo profetiche: nel novembre del 1976 Lil Milagro viene catturata dalla
Guardia Nacional di El Salvador, il principale organismo di terrore e repressione utilizzato dalla
dittatura per reprimere la popolazione.
Si trovava in un rifugio dell’RN, a San Antonio del Monte, nella provincia di Sonsonate.
Durante i tre anni in cui è prigioniera soffre qualsiasi tipo di tortura da parte dei suoi aguzzini:
molte volte è costretta a restare nuda, riceve poco cibo, molte volte ammanettata; fu
sicuramente aggredita e abusata sessualmente dai militari, mentre i dottori dell’Esercito le
iniettavano il cosiddetto siero della verità. Secondo alcune testimonianze, rimane nella sede
della Policia de Aduana fino alla fine del 1976, quando viene trasferita in una delle tante carceri
clandestine. È assassinata il 17 ottobre del 1979, a soli ventiquattro anni, il suo corpo non fu
mai ritrovato e quindi restituito alla famiglia.
Fortunatamente, finita la guerra civile nel 1992, la sua poesia è stata riscattata dall’oblio ed è
ora considerata una delle artiste che seppero esprimere meglio nella cultura salvadoregna la
fusione tra estetica e rivoluzione.
«Qui mi trovo/ testimone di me stessa/ sono rimasti indietro gli anni facili/i compiti inutili/
Tuttavia/ non tutto è differente/ continuano a piacermi le albe/ e questa vecchia abitudine di
scrivere/ è diventata ancora più intensa»
La sua amica di sempre ed attivista per i Diritti Umani, Miriam Medrano, ha pubblicato nel 2013
il libro Milagro de la Esperanza, dove si consacra definitivamente l’importanza di Lil nella
letteratura latinoamericana.
Perché Lil è eterna, come eterna è stata la sua volontà indistruttibile, la sua capacità di
consegnarsi all’utopia, la sua generosità, le sue poesie, le sue lettere.

L’articolo è apparso in Vitamine Vaganti n.297, il 16 novembre 2024,

 

 

 

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