El Salvador: il pane e la musica

Riflessioni semiserie sul trentesimo anniversario del Metal Fest salvadoregno

Di Maria Teresa Messidoro (*)

Da molti anni ormai, mi sono fatta persuasa che la solidarietà internazionale, o internazionalista come si diceva una volta, si nutre non soltanto di denunce, difese del territorio, delle persone e dei loro diritti, di problemi e limiti di un sistema vorace, estrattivista, patriarcale, etcc etcc , ma anche di esperienze positive, di arte e poesia e perché no, di musica.

Certo, parlando di musica, pensiamo immediatamente alla canzone simbolo del Che , alle musiche degli Inti Illimani o alla voce di Mercedes Sosa, e noi, amanti da sempre del Centro America, alle canzoni di Carlos Mejía Godoy e al Sombrero azul, simbolo del popolo salvadoregno.

Ma la musica non è, fortunatamente, solo questo. E così, mi ritrovo a condividere con voi l’esperienza di Edwin Marinero, il promotore, gestore, rappresentante e animatore del Metal Fest – El Salvador, che esattamente il 1 febbraio di quest’anno, nel Gimnasio Municipal Adolfo Pineda a Santa Tecla, ha voluto celebrare il trentesimo anniversario di questo percorso musicale.

Edwin, in una intervista (1) ha affermato che “la forza della musica metal si mantiene viva con il messaggio pro, cioè a favore di : pro-qualcosa altro, pro-fare coscienza, pro-indipendenza mentale, per sempre e inesorabilmente pro”. Certo, in questi trent’anni ci sono stati alti e bassi, c’è stata la pandemia, c’è il problema degli spazi utilizzabili, sempre meno, sempre più cari, sempre meno adeguati, con sempre più regole a cui sottostare. Ma Edwin e compagni non si sono mai arresi, da quando, nel settembre del 1989, pensarono di realizzare un concerto sul Lago di Güija: un concerto che fu annullato per la situazione politica e sociale di quel periodo. Erano le battute finali della guerra civile: pochi giorni dopo ci fu la bomba nella sede della Federación Nacional Sindical de Trabajadores Salvadoreños (FENASTRAS) (2), poi a novembre la cosiddetta ofensiva final. Anche quei giovani, come lo stesso Edwin, che avevano vissuto marginalmente la guerra, senza esserne direttamente coinvolti, dovettero farne i conti: occorreva nascondersi in casa, con la paura degli spari e delle sparizioni forzate. Edwin, come altri giovani appassionati di musica metal, si identificava con la sinistra e le idee progressiste: ora si trattava di lasciare da un lato la voglia della musica, senza abbandonarla definitivamente. E in effetti, già agli inizi degli anni 90, poco prima della firma degli Accordi di Pace nel gennaio del 1992, riapparvero sulle scene le bande musicali: i Tabú, Renegado, Sombra, RonCCo,…

I giovani si raccolgono intorno a 90 Minutos de Rock, la trasmissione di riferimento di quell’epoca, si convoca un nuovo grande concerto nel Ranchón, luogo d’incontro centrale nella San Salvador di allora, appena sopra il Metrocentro, la prima zona di negozi e vetrine in cui si affollava la gente per distrarsi e incontrarsi. Quel concerto, che fu una sfida, vide la partecipazione di molti giovani, non solo della città, ma arrivati anche da Chalatenango e San Miguel, le zone per eccellenza della guerriglia, da Santa Ana, la regione degli indigeni mahuat, dimenticati ed oppressi da sempre, da Zacatecoluca, dove il terremoto aveva distrutto anni prima le città. E così, inizia un periodo di alti e bassi, dovuti  innanzitutto all’incertezza del ritorno alla pace, o meglio, alla assenza di guerra; poi l’irrompere delle bande giovanili, le temute pandillas, con cui però esiste una sorta di tregua reciproca: i rockeros ignorano i pandilleros e viceversa, i concerti si possono realizzare anche nelle zone più temute sotto controllo delle maras giovanili.  Ma il rock metal resiste, come resiste l’idea di essere comunque contestatori dello status quo, riconoscendosi in una parte politica, a favore dei più deboli e dell’ambiente. Per questo, tra il 2001 e il 2009, tutte le edizioni del Metal Fest avevano lo scopo di raccogliere fondi per garantire le uniformi agli studenti della scuola obbligatoria: nel 2009, sarebbe giunto il primo governo progressista, poi il secondo e ultimo, quello di Sánchez Cerén, che garantirono per legge le uniformi; un progetto socio assistenziale lodevole, ma senza mai riuscire a risolvere le vere cause profonde della disuguaglianza sociale.

Edwin ormai è un viejo (vecchietto), ma mentre altri della sua generazione guardano con sospetto i giovani di adesso, lui no, lui è convinto che la nuova generazione possa apportare algo nuevo, qualcosa di nuovo e stimolante per tuttə.

“Il primo febbraio, l’edizione numero 30 del Metal Fest ha dimostrato che le migliaia di persone venute da tutto El Salvador, ma anche dal Guatemala e dal Messico, si mantengono ben salde in una lotta costante per essere migliori, che il metal ha lasciato un buon insegnamento e che c’è una nuova generazione di salvadoregnə pronta a essere protagonista del cambiamento” Così conclude Edwin la sua intervista.

Ojalá así sea, speriamo sia così, mi dico tra me e me, mentre penso a Febe, morta a seguito della bomba nella sede di Fenastras, ai compagnə incontrati di nascosto al Metrocentro negli anni della guerra, alle canzoni dei Renegado proposte da Oscar, compagno di San Francisco Echeverría, amante da sempre del Metal, alle piccole band musicali che hanno sempre allietato le nostre visite nelle comunità salvadoregne, a ciò che può rappresentare la musica in un paese travagliato, complesso, a volte smarrito, mai definitivamente sottomesso.

 

  1. Intervista apparsa qui https://espaciorevista.com/2025/02/07/edwin-marinero-30-aniversario-de-el-salvador-metal-fest/ , articolo da cui sono tratte le fotografie di questo post.
  2. Vedere qui in Bottega https://www.labottegadelbarbieri.org/di-streghe-e-di-principesse/

*Vicepresidenta Associazione Lisangà culture in movimento OdV

Pubblicato qui: https://www.labottegadelbarbieri.org/el-salvador-il-pane-e-la-musica/

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