El Salvador: i disegni per dirlo

I disegni di Victoria Recinos che raccontano anni difficili in El Salvador perché le nuove generazioni non se li dimentichino

Questo disegno di Victoria, come tutti i successivi, sono tratti dall’articolo di Alharaca, da cui ho preso spunto.

di Maria Teresa Messidoro (*)

Victoria Recino Castillos ora ha 73 anni: quando ne aveva quasi trenta, è stata costretta con la sua comunità, quella di Santa Marta, a scappare dal fuoco militare, attraversare il fiume Lempa e rifugiarsi in Honduras: erano gli inizi della guerra civile salvadoregna. (1)

La prima volta che Victoria ha disegnato in pubblico aveva otto anni; stava accompagnando suo fratello maggiore, Ovidio, ha un laboratorio di disegno a Santa Marta. Era il 1959. Non era mai andata a scuola.

Non sapeva né leggere né scrivere.

Era molto timida, e quel giorno non volle nemmeno entrare nell’aula; rimase fuori, osservando come il professore Cristóbal Durán insegnava a disegnare un elefante. Siccome avanzavano dei fogli, Victoria iniziò a disegnare anche lei l’elefante: il suo era praticamente simile a quello del professore. Che la applaudì, insieme alle bambine e bambini che stavano assistendo alla lezione. E fu così che i suoi genitori si convinsero a mandarla a scuola.

Ma si fermò alla classe terza: la sua famiglia viveva in povertà estrema. Lei doveva occuparsi dei numerosi fratelli e sorelle, delle faccende di casa, iniziando anche a vendere per strada cioccolato, piccoli dolci fatti in casa, cestini che a volte lei stessa realizzava. Doveva dedicarsi anche all’agricoltura, imparando a coltivare il mais e a piccoli lavoretti di falegnameria. Perché suo padre era un falegname abbastanza bravo.

Victoria continuava a disegnare casette colorate o visi sui foglio di carta da pacchi, che recuperava dalle poche spese della casa; oppure usava amido di colla per tappare le fessure sui muri per poi decorare le pareti con i suoi disegni.

Mentre la sua fantasia volava, l’immaginazione cresceva, giorno dopo giorno.

Suo padre Luis era abituato a scrivere le date di nascita della numerosa prole su bastoni, così come le nascite e morti degli abitanti della comunità; forse per questo, anche Victoria ha mantenuto la mantenuto la stessa abitudine nei suoi disegni.

Non poteva certo immaginare che il suo talento si sarebbe trasformato in uno degli strumenti più importanti per documentare ciò che successe dopo.

Nella vita di molte comunità contadine salvadoregne c’è un prima e un dopo, dopo l’assassinio di Mons. Romero, quando la guerra ufficialmente iniziò.

E iniziò anche il periodo buio delle operazioni militari, dei massacri per togliere l’acqua al pesce (cioè ridurre l’appoggio popolare alla guerriglia): la comunità di Santa Marta non ne fu purtroppo esente.

Alle prime ore del 15 marzo del 1981 un operativo militare del Battaglione Atlacatl entrò nelle quattro case di Santa Marta, Peña Blanca e San Antonio, nel municipio di Victoria. La maggior parte degli abitanti cercò di fuggire, nascondendosi in rifugi improvvisati per sfuggire a torture, violazioni e assassini, assistendo alla distruzione delle proprie case e del raccolto.

 Il 18 marzo una lunga colonna di persone inizia una guinda (termine coniato durante la guerra civile salvadoregna per indicare proprio la fuga dall’esercito e quindi dalla repressione); si decide di scappare in Honduras, attraversando il Rio Lempa nel punto conosciuto come Piedras Coloradas, ma un assalto combinato dell’esercito salvadoregno e di quello honduregno compie il massacro. Molti morirono mitragliati dagli elicotteri o affogati per la forte corrente, incrementata dall’apertura della Centrale Idroelettrica 5 de noviembre. Soltanto dopo la fine della guerra, grazie alla Comisión de la Verdad para El Salvador e al suo report pubblicato nel 1993, si calcolano tra i 20 e 30 morti recuperati e quasi duecento persone scomparse e mai ritrovate. Ma ancora nel 2020, in occasione dell’anniversario del massacro, in un documento ufficiale della Procuraodria para la Defensa de los Derechos Humanos, si richiedeva il riconoscimento pubblicato del massacro del Rio Lempa.

Victoria sopravvisse fortunatamente al massacro, insieme ad altri componenti della sua famiglia; suo padre era già stato assassinato nel giugno del 1980 per mano dell’esercito, quando cercava di sfuggire ad un operativo militare. Con gli altri sopravvissuti visse per anni in un rifugio in Honduras: di quel periodo ricorda le difficoltà (nel primo accampamento dove si stabilì, La Virtud, dormiva con una trentina di persone in una sorta di capanna di fortuna), ma anche la vita comunitaria, la solidarietà e l’umanità che permeavano quelle giornate.

E Victoria disegnava, per non dimenticare.

Disegnava fino alle dieci di sera, spesso a lume di candela, perché l’elettricità non c’era o era scarsa.  Ascoltava le testimonianze e le trasformava in disegni. In quel periodo, mentre Victoria disegnava, altre donne rifugiate si dedicavano al ricamo. Inizialmente ricamavano fiori e animali per abbellire le piccole tovaglie che usavano per avvolgere le tortillas; poco alla volta questa arte si trasformò in una testimonianza della vita quotidiana, fatta di violenze e soprusi. Era un modo per esprimere ciò che non potevano dire con le parole. (2)

Quando Victoria ritornò in El Salvador, nel marzo del 1992, dopo la firma degli Accordi di Pace, mentre parte della sua famiglia si stabilì nuovamente a Santa Marta, lei e il suo compagno, insieme ad altri rifugiati, decisero di sistemarsi nella piccola comunità di Zacamil, provincia di Cuscatlán. 

Ora vive in Ita Maura, una comunità di Tacachico, nella provincia di La Libertad. La casa in cui vive è di uno dei suoi figli: la guerra le ha sottratto per sempre una casa stabile.

E continua a disegnare, perché attraverso l’arte ha trovato una forma personale di sanare la paura e i dolori che le hanno lasciato la guerra, trasformando la sofferenza in bellezza. Le pareti della sua casa attuale sono coperte da disegni sulla sua infanzia, la sua gioventù e la vita a Santa Marta prima dell’esodo forzato verso il rifugio Mesa Grande. Tra girasoli e animali, spicca il disegno di un uomo con la chitarra: è Juan, suo fratello, morto l’anno scorso; amava suonare la chitarra, sdraiato sull’immancabile amaca. Faceva parte di un conjunto musical prima di Santa Marta e poi del campo di rifugiati Mesa Grande.

Victoria non ama parlare del Governo attuale, perché, dice, mettersi in politica non porta niente di buono. Si inquieta però quando vede i militari per strada, come durante la guerra.

Preferisce disegnare per non pensare che possa ripetersi ciò che ha già vissuto.

Ad ottobre dello scorso anno Victoria ha deciso di realizzare un libro con i suoi disegni, perché la Memoria non si perda. La Memoria della povertà a Santa Marta, del massacro del Rio Lempa, della vita difficile negli accampamenti honduregni e del ritorno a casa.

Il sito Colibrí Creativo ricorda che il disegno è uno strumento terapeutico per sanare ferite emozionali e promuovere il benessere mentale (3). La stessa Organizzazione Mondiale della Salute nel 2023 ha riconosciuto che le arti possono curare e dare un senso alla vita quando tutto sembra perso. (4)

Spesso Victoria ha affermato che il disegno è stato per lei un rifugio per esprimere le sue emozioni sulla guerra, le morti, la violenza anche di genere e la depressione.

Più forte delle parole che avrebbe potuto o saputo pronunciare.

 

  1. La storia di Victoria è tratta dall’articolo Dibujar para no olvidar: el arte de Victoria Recinos en Santa Marta, che si può leggere qui nella rivista digitale Alharaca https://www.alharaca.sv/derechos-de-las-mujeres/dibujar-para-no-olvidar-el-arte-de-victoria-recinos-en-santa-marta/
  2. Nel 2024 il MUPI, Museo de la Palabra y la Imagen di San Salvador ha pubblicato la dodicesima edizione della rivista Trasmallo, dedicata a iniziative su genere e memoria. Tra le altre spicca la mostra Memorias chalatecas del exilio, per mettere in risalto il contributo di donne ricamatrici e disegnatrici dei campi di rifugiati salvadoregni in Honduras.
  3. https://colibricreativodearte.com/el-dibujo-como-terapia-para-sanar-la-salud-mental/
  4. https://www.elmundo.es/la-lectura/2024/12/26/676026ade85ece4d158b456f.html

*Vicepresidenta Associazione Lisangà culture in movimento

Articolo tratto da https://www.labottegadelbarbieri.org/el-salvador-i-disegni-per-dirlo/

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