LE PERSEIDI (O LACRIME DI SAN LORENZO)

San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla…

Riconoscete questa poesia? …volete un aiutino?

…ritornava una rondine al tetto:
l’uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena de’ suoi rondinini.

Ora è certamente più familiare, che ne dite? Giovanni Pascoli scrisse “X Agosto” in ricordo del padre, analogamente alla “cavallina storna”, ucciso mentre tornava a casa dalla sua famiglia; la concomitanza temporale con la ricorrenza di san Lorenzo e delle sue “lacrime” (per l’appunto il 10 di agosto) contribuì a creare uno dei componimenti più celebri della letteratura Italiana dell’epoca. Ma cosa sono le Perseidi? L’accezione più comune le definisce come stelle cadenti, mentre in realtà non sono altro che piccoli corpuscoli dal peso generalmente non superiore a pochi grammi, residui della dispersione di materia delle comete quando queste transitano vicine al Sole. Che poi pensandoci bene, affermare che una stella cade sulla Terra perché attratta dalla sua forza di gravità, viste le reciproche dimensioni sarebbe come osservare un elefante che precipita inesorabilmente su di una formica, non riuscendo a sfuggire alla sua attrazione…

Le comete, come sappiamo, sono corpi celesti composti per lo più da polveri e ghiaccio, aventi dimensioni mediamente dell’ordine di alcune decine di km .

Questi oggetti, per la maggior parte del loro tempo invisibili nelle profondità dello spazio, quando si avvicinano alla nostra stella incrementano in maniera spesso notevolissima la loro luminosità, in conseguenza dell’aumento della loro temperatura che porta a fondere il ghiaccio superficiale ed a disperderlo nello spazio, creando così la famosa coda.Questa evaporazione (o meglio, sublimazione) del ghiaccio è un processo distruttivo per la cometa stessa, che non di rado perde una gran parte della sua massa e finisce per sbriciolarsi, a maggior ragione se il suo perielio (ovvero il punto più vicino al Sole della sua orbita) la porta a “sfiorare” la nostra stella. Quindi assieme al ghiaccio si forma una scia di polveri e frammenti solidi, che si distribuiscono lungo tutto il corso dell’orbita. Può accadere che quest’orbita intersechi quella della terra, ed ecco che come per magia ogni anno attorno al 10 di agosto assistiamo alla replica di questo spettacolo naturale. Abbiamo scritto attorno perché, a seconda dei passaggi, il picco può cadere qualche giorno prima o dopo, perché la Terra transita per circa un mese all’interno di questa nube di polveri, mediamente tra il 17 luglio ed il 24 agosto. La fonte di questa pioggia è la cometa 109P/Swift-Tuttle, ovvero la 109ma cometa identificata come Periodica (cioè che percorre un’orbita chiusa attorno al Sole), portando i nomi degli scopritori; ha un periodo orbitale di circa 133 anni, e transita al perielio circa alla stessa distanza della Terra dal Sole, mentre all’afelio (il punto più lontano) se ne allontana fino a 51 volte. L’ultimo passaggio ravvicinato ci fu nel 1992, ed il prossimo sarà nel 2126: non scoraggiatevi comunque, molte altre comete mostrano ogni anno la loro spettacolarità, e non mancano le occasioni per osservarle.

Abbiamo quindi scoperto cosa sono, le abbiamo chiamate così perché apparentemente sembrano provenire dalla costellazione del Perseo: si dice quindi che là si trova il loro radiante.

Origine puramente prospettica: un po’ come quando camminiamo velocemente sotto la pioggia di sera verso una sorgente luminosa, e le gocce appaiono provenire dalla direzione opposta a noi. Le stelle che i nostri progenitori hanno inteso raggruppare in costellazioni come soggetti familiari (orse, carri, cigni…) sono assai più lontane; Proxima del Centauro, la più vicina a noi, si trova ad oltre 270.000 volte la distanza che ci separa dal Sole, ed in termini galattici si tratta di pochi millimetri su scala planetaria… ma di questo parleremo un’altra volta!Torniamo alle nostre lacrime, e scopriamo il perché di questa curiosa denominazione, e dell’usanza di esprimere un desiderio quando ne scorgiamo una accendersi e brillare brevemente in cielo: nelle mitologie orientali, greca e latina le stelle cadenti erano le lacrime di divinità che piangevano per eventi nefasti già accaduti o che sarebbero accaduti a breve.

Anche la tradizione cristiana vede nelle stelle cadenti un pianto divino: San Lorenzo, diacono, venne bruciato dai romani il 10 agosto del 258 d.C. Da allora, ogni anno, nel giorno della sua morte, dal cielo piovono le sue lacrime infuocate.Fu proprio la tradizione Cristiana ad associare al fenomeno una valenza positiva: ricordando la morte di san Lorenzo, vedendo le stelle cadere si può chiedere una grazia, vale a dire che si può esprimere un desiderio.

Una spiegazione molto romantica e pieno di sentimento, che però mal si attaglia alla realtà: le particelle in questione hanno una velocità che può raggiungere i 60 km al secondo: come dire, da Torino a Milano in un paio di secondi (…altro che Frecciarossa!). Questa velocità si trasforma in energia termica al contatto con gli strati superiori della nostra atmosfera, eccitando elettricamente gli atomi che la compongono. Quando questi tornano allo stato di quiete originale, l’energia in eccesso si trasforma in emissione luminosa lungo il percorso che compie questa particella prima di consumarsi definitivamente. Un fenomeno fisico simile al funzionamento dei tubi al neon. Se la particella ha dimensioni ragguardevoli (parliamo sempre di poche decine di grammi) allora l’energia rilasciata sarà molto maggiore, e potremo osservare una scia più persistente, e talvolta anche debolmente colorata. La fotografia illustra un “colpo fortunato” di un astrofotografo, che riprendendo la galassia di Andromeda fissò involontariamente nell’immagine anche il transito di una piccola meteora. Assolutamente spettacolare!

Quindi, non ci resta altro da fare che trovare un posto buio, metterci comodi ed armarci di pazienza: non servono strumenti particolari se non il nostro occhio. Se siamo fortunati, potremo mediamente scorgerne da 40 a 60 in un’ora, avendo l’accortezza di volgere lo sguardo verso Nord-Est. Se la nostra postazione è veramente buia e l’inquinamento luminoso è minimo, possiamo anche provare a fotografarle: posizioniamo la nostra reflex su di un cavalletto puntandola approssimativamente a Nord-Est con un’inclinazione di 45 gradi, usiamo un obbiettivo a largo campo (sotto i 50 mm andrà benissimo), settiamo la sensibilità non oltre i 200 ISO ed apriamo completamente il diaframma. Usando poi la posa B ed uno scatto remoto, potremo catturare immagini con una posa anche di 5 minuti. La focale molto corta limiterà l’effetto scia della rotazione apparente della volta celeste. Se possibile, impostate il formato immagine in Raw, così da poter poi elaborare gli scatti migliori al computer. Buona caccia !!!

Edoardo Baffigo

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