Saturno il pianeta pop
Il 15 settembre il tuffo della sonda ”Cassini” concluderà la missione che ha fatto storia
ANTONIO LO CAMPO
Pubblicato il 13/09/2017 su “LA STAMPA – tuttoscienze”
Con uno spettacolare tuffo nella coltre gassosa di Saturno, durante l’orbita numero 293, il 15 settembre, si concluderà un’avventura che ha fatto la storia dell’esplorazione del Sistema solare. È la missione «Cassini», la sonda frutto della collaborazione tra l’agenzia americana Nasa, l’europea Esa e l’italiana Asi e realizzata con molto high tech tricolore. Così come italiano è il nome: è un omaggio al famoso astronomo del XVII secolo che diede un fondamentale contributo alla conoscenza del «Pianeta degli anelli».
Partita 20 anni fa, in orbita attorno a Saturno da 13 anni, la missione si appresta a quello che è stato chiamato il «Gran Finale» per evitare un impatto su una delle lune del pianeta e quindi una possibile contaminazione. Ma fino all’ultimo capterà informazioni sensibili: gli astronomi, infatti, sono interessati alla composizione chimica dell’atmosfera, da cui ricavare informazioni sulla storia e l’evoluzione di Saturno. Sarà la degna conclusione di una sequenza unica di osservazioni e scoperte, ottenute, tra l’altro, grazie a «Vims», lo spettrometro all’infrarosso realizzato dalla società italiana «Leonardo» sotto la guida di Angioletta Coradini.
Straordinaria è stata l’identificazione ravvicinata del gigantesco – e misterioso – vortice esagonale: è un ciclone di 30 mila km, che racchiude un tornado che ruota con potenza inaudita intorno al Polo Nord. «Nessuno sa davvero che cosa scateni questa tempesta», ha detto Scott Edgington, astrofisico del Jet Propulsion Laboratory, in California, dove si stanno approfondendo le ricerche sui celebri anelli. «Cassini» ha infatti rivelato che si tratta di strutture dinamiche, in continua trasformazione, che si sollevano anche per migliaia di metri a causa delle perturbazioni gravitazionali con le tante lune, anche quelle più piccole. Ne sono state scoperte numerose, di formato micro, tra i 100 e i 500 metri di diametro, che si aggiungono alle 62 principali. Ed è su alcune di queste che si sono concentrate le osservazioni.
Per esempio su Encelado, dove sono emersi caratteristici «graffi di tigre» che ne ricoprono la superficie ghiacciata e da cui fuoriescono enormi getti gassosi, probabilmente dovuti all’esistenza di oceani di acqua liquida, a una quarantina di km di profondità. E poi c’è Titano, non meno intrigante, come una specie di «copia» alterata e surreale della nostra Terra: il robot «Huygens» l’ha studiato da vicino, posandosi in una zona variegata, segnata non soltanto da montagne e vulcani, ma anche da straordinari laghi, composti da idrocarburi allo stato liquido.
Altri risultati arriveranno in futuro, vista l’enorme massa di dati raccolti e ancora da processare. Al centro c’è un gigante enigmatico. Sebbene abbia un volume pari a 700 volte quello del nostro Pianeta, possiede un «nocciolo» che – si pensa – è poco più grande della Terra, circondato da un infernale concentrato di gas e di idrogeno, mixato con immense quantità di elio, con pressioni inimmaginabili per noi umani. Ora, mentre si analizza la composizione degli anelli «A» e «C», considerati tra i più interessanti, ci si prepara all’ultimo show di una sonda da record: partita da Cape Canaveral il 15 ottobre 1997, è il culmine dell’impegno di 5 mila tecnici, tra cui 260 scienziati di 17 Paesi.
Con una massa di 2125 chili, è lunga poco meno di sette metri, e ha comunicato grazie a tre antenne, tra cui quella parabolica realizzata dall’italiana Thales Alenia Space. Ancora 48 ore e la voce di «Cassini» si spegnerà per sempre.
La sonda Cassini in picchiata nella tumultuosa atmosfera di Saturno