Morbo di Alzheimer, la malattia delle quattro «A»

Entrare in un tunnel e non vedere mai l’uscita. Questa deve essere la sensazione di chi soffre di Alzheimer. Entrare a piccoli passi, con dei sintomi di cui nemmeno se ne accorge. Piccoli sbagli, piccole ma sempre più frequenti dimenticanze. Cominciare, piano piano, a non riconoscere i vicini, gli amici. Nemmeno il marito o la moglie.

Dicono che il morbo di Alzheimer sia la malattia delle quattro «A», cioè:

  • A come Amnesia: perdita significativa di memoria;
  • A come Afasia: incapacità di formulare e comprendere messaggi verbali;
  • A come Agnosia: incapacità di riconoscere persone, cose e luoghi;
  • A come Aprassia: incapacità di compiere correttamente alcuni movimenti volontari.

Mi permetto di aggiungerne una quinta: A come Agostino. Sì, il santo. Che, a proposito della memoria, già nel 400 circa dopo Cristo, diceva:

“Anche immerso nelle tenebre e nel silenzio io posso, se voglio, estrarre nella mia memoria i colori, distinguere il bianco dal nero e da qualsiasi altro colore voglio”

Quel che passa per la mente di un malato di Alzheimer lo sa soltanto il paziente stesso. Se ci riesce. Quelli che, invece, sono i suoi diritti e quelli dei suoi familiari per tenerlo per mano all’interno di quel tunnel ce lo dice la legge.

Alzheimer: il diritto a non restare mai da soli

Il malato di Alzheimer ha diritto ad essere assistito da chi, normalmente, si prende cura di lui. Altrimenti, chi lascia da sola una persona con questa malattia senza aver delegato ad un altro (un parente, un amico, una badante) deve rispondere del reato di abbandono di incapace.

Commette reato chi ha l’obbligo di cura e di assistenza di quel paziente, come un coniuge, un figlio convivente, la stessa badante. Anche se il malato non si trova in una situazione di pericolo o non si è verificato un preciso danno: basta lasciarlo da solo (è, comunque, un potenziale pericolo).

Unica condizione: che chi soffre di Alzheimer sia stato dichiarato incapace di intendere e di volere (succede da un certo punto in poi nel percorso della malattia). In sostanza, se si lascia da sola una persona che non è in grado di badare a se stessa ed il giudice accerta che, effettivamente, deve avere sempre una persona affianco, chi è deputato alla sua cura risponde di abbandono di incapace, punito dal codice penale con la reclusione da 6 mesi a 5 anni.

Il diritto a non essere preso in giro

Questo titolo può risultare un po’ strano, quasi brutale. Il fatto è che non manca chi approfitta di chi è malato di Alzheimer per fargli firmare un documento a proprio vantaggio. Una donazione, un’eredità, la vendita di un immobile. Prendersi gioco di una persona con ridotta (o nulla) capacità di intendere e di volere significa circonvenzione di incapace. Un reato punito – dietro querela –  dal codice penale.

 

Il diritto ad avere delle cure gratuite

Diffidate di chi vede il malato di Alzheimer come un peso per una struttura sanitaria. Chi ha un parente affetto da questo morbo ricoverato in una struttura pubblica (un ospedale o una casa di cura) può opporsi alle dimissioni del paziente e, comunque, porre delle osservazioni e contestazioni in proposito se:

  • il paziente non è in grado di badare a se stesso;
  • il paziente è ancora malato, vale a dire se ha bisogno di ulteriori cure che non possono essere praticate a casa, ma effettuate solo da un esperto (infermiere o medico);
  • il malato e i suoi congiunti non possono permettersi economicamente un ricovero presso strutture private a pagamento;
  • i servizi domiciliari offerti dalla sanità o dal Comune, non garantiscono un’assistenza completa, con la conseguenza che il malato rischi di rimanere solo per molte ore del giorno e della notte.

Il Servizio sanitario nazionale è tenuto per legge a curare tutti i malati

I parenti del paziente non sono, però, obbligati a prendersi in carico quello che dovrebbe fare il Servizio sanitario. Insomma, invertire i ruoli non solo non è corretto: non è nemmeno legale. Di conseguenza, accettare le dimissioni da una struttura pubblica di un malato cronico, non autosufficiente ed incapace di programmare il proprio futuro significa sottrarre volontariamente il paziente dalle competenze del Servizio sanitario nazionale. E comporta anche sobbarcarsi tutte le responsabilità del caso, comprese quelle per la cura di cui il malato ha bisogno. Con pesanti conseguenze sia da un punto di vista economico sia sul versante penale: nel caso in cui quelle cure non fossero prestate in modo adeguato, il parente del malato potrebbe incorrere nel reato di abbandono di persona incapace, punito, come abbiamo visto prima, con la reclusione da 6 mesi a 5 anni. Oltre al danno la beffa, insomma.

 

Il diritto all’indennità di accompagnamento

Tra i diritti di chi è malato di Alzheimer e dei suoi familiari c’è anche quello all’indennità di accompagnamento, prevista dalla legge per supportare economicamente chi si prende cura di una persona con una grave malattia cronica ed incapace di assolvere le normali azioni quotidiane della vita (lavarsi, farsi da mangiare, pulire la casa, ecc.). Una persona, quindi, che ha un’invalidità o un grave handicap del 100%.

Invalidità che dev’essere accertata e stabilita dall’Asl tramite una visita dell’apposita Commissione medica. Proprio all’Azienda sanitaria va presentata la domanda per ottenere la visita entro 3 mesi.

Se il parere della Commissione è positivo, verrà dichiarata l’invalidità al 100% e sarà possibile ottenere l’indennità di accompagnamento oltre agli eventuali ausili gratuiti (sedia a rotelle, letto da ospedale, ecc.) ed alle terapie salvavita che comportano l’esenzione dal ticket sanitario.

Il diritto dei familiari ai permessi della Legge 104

Chi ha una persona malata di Alzheimer in casa e non può permettersi una badante ha diritto ad alcune agevolazioni, sia di tipo economico (oltre all’assegno di accompagnamento) sia di tipo lavorativo.

Mentre i lavoratori pubblici hanno diritto ad un bonus mensile di circa 1.000 euro al mese, i dipendenti pubblici e privati hanno la possibilità di usufruire di un monte ore di permessi grazie alla Legge 104  e di chiedere l’anticipo della pensione tramite l’Ape agevolata a certe condizioni.

Chi ha diritto ai permessi della Legge 104

La Legge 104 permette di usufruire di permessi di 3 giorni al mese coperti da contributi a chi deve assistere un familiare con handicap grave, quindi anche a un parente malato di Alzheimer, a queste condizioni:

  • che la persona anziana abbia almeno 65 anni;
  • che il lavoratore abiti insieme o nello stesso numero civico del familiare anziano;
  • che il grado di parentela sia al massimo di terzo grado e non ci siano più parenti di primo o secondo grado dell’anziano da assistere.

Se il lavoratore presta servizio per un’azienda con più sedi, ha il diritto di scegliere l’ufficio o lo stabilimento più vicino al domicilio del familiare anziano da assistere.

Il datore di lavoro o l’Inps sono autorizzati a fare dei controlli sulla legittima fruizione dei permessi. Se si scopre che non ci sono le condizioni per beneficiare di quest’agevolazione, i permessi verranno revocati.

 

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