COLLABORATORI PARLAMENTARI TRATTATI COME COLF
Quando i deputati non sono “onorevoli”: collaboratori parlamentari trattati come colf. Questo il titolo di un articolo del sito fonte della nostra sintesi, a sua volta ripreso dalla piattaforma geosnews.com e che riporta un’inchiesta del quotidiano Il Tempo. Come associazione Risorsa, siamo molto attenti a quei casi di mobbing che avvengono al di fuori di quelli che sono i luoghi canonici di lavoro come fabbriche e uffici. E non è la prima volta che sentiamo parlare dei collaboratori parlamentari…
Fonte: http://www.7colli.com – articolo della redazione – 21 dicembre 2021
Link all’articolo completo:https://www.7colli.it/quando-i-deputati-non-sono-onorevoli-collaboratori-parlamentari-trattati-come-colf-50496/
Sintesi a cura della redazione Risorsa
Deputati e senatori sono i primi a non rispettare le leggi che approvano quando si trovano a vestire i panni del datore di lavoro. Sono circa 80 i collaboratori parlamentari che in questa legislatura hanno segnalato irregolarità nei contratti stipulati e condotte di sfruttamento, spesso al limite del “mobbing”. Lo scrive il quotidiano romano Il Tempo in una inchiesta dal titolo “Ottanta parlamentari nei guai: sfruttano i collaboratori con contratti ridicoli e li mandano a fare la spesa”. “Ci sono “onorevoli” donne che mandano le loro assistenti (pagate dai contribuenti per aiutarle nell’attività legislativa) a comprare gli assorbenti in farmacia. E altre colleghe che spediscono giovani laureati al supermercato a fare la spesa, che poi vogliono anche ricevere a domicilio”.
Nell’inchiesta del “Tempo” poi si specifica: “Nell’attuale legislatura sono almeno una ventina le cause intentate dai collaboratori ai rispettivi parlamentari, per svariati tipi di prevaricazioni datoriali”. “I contratti stipulati quasi mai corrispondono al rapporto di lavoro, come affermato dai legali di dell’associazione Aicp (Associazione italiana collaboratori parlamentari). I parlamentari che legiferano contro i contratti atipici, sono i primi a usare finti co.co.co., co.co.pro. o partite Iva per risparmiare sul costo del lavoro. A fronte poi di orari rigidi e un rapporto gerarchico che andrebbe inquadrato come subordinato. Poi ci sono collaboratori che hanno scoperto di non avere un contributo versato dopo anni di lavoro. Ad altri non è stato pagato il trattamento di fine rapporto o la tredicesima. C’è addirittura chi si è visto negare documenti fiscali come la certificazione unica.
Dalle interviste effettuate nell’inchiesta si evince che alla fine i deputati preferiscono trattare che affrontare cause. Prima però qualcuno è stato licenziato in maniera semiritorsiva, qualcun altro senza preavviso. Insomma, il Parlamento italiano è un Far West in cui il parlamentare spende come vuole il suo budget. E ancora: “Gli assistenti diventano una sorta di collaboratori domestici, obbligati a lavorare senza turni, anche di domeniche in orario notturno. Per questo in un primo momento deputati e senatori hanno una reazione muscolare quando sanno di essere stati citati in giudizio e minacciano l’ex collaboratore di chiedergli un danno all’immagine. Poi, però, la stragrande maggioranza di loro, piuttosto che arrivare a sentenza e rischiare la gogna mediatica, preferisce arrivare a un accordo conciliativo. Che risarcisce integralmente l’assistente (anche per 20mila euro) ma, di contro, lo obbliga a rigide clausole di riservatezza”.
Il Tempo spiega che “lo scorso luglio la Camera ha finalmente pubblicato i dati ufficiali sul numero dei collaboratori dei deputati, richiesto da anni dall’associazione di categoria. In totale sono 488 gli assistenti contrattualizzati. Ma solo il 24% di loro ha un contratto subordinato; il 40% circa ha un rapporto di collaborazione e il restante 36% è inquadrato come autonomo. Al Senato, invece, non c’è ancora un censimento sui collaboratori, o almeno non è noto”. Un legale dell’associazione di categoria afferma: “Io ho visto tanti contratti da 500 o 600 euro al mese. Nel migliore dei casi, e sono casi isolati, i collaboratori ricevono 1.000-1.200 euro netti mensili. Solo il 10% dei parlamentari stipula dei contratti dignitosi”.