CRITICARE IL DATORE DI LAVORO: QUANDO E’ LEGITTIMO
Una interessante sentenza, anche se il caso non è proprio di mobbing, perchè favorevole al diritto di libera espressione d parte dei lavoratori. L’articolo, già presente sulla pagina FB Risorsa, gestita dal Consigliere Salvatore tonti, è stato qui sintetizzato dalla Volontaria Michela Spirito e si trova integramente a questo link
Fonte: www. dirittolavoro.it”
Criticare il datore è legittimo se si rispettano verità e correttezza
L’articolo parla della sentenza della Corte Costituzionale n. 18410 del 2019 che vede protagonista una donna che ha denunciato il suo datore di lavoro in quanto l’ha esposta ad un pericolo legato alla sua allergia e non ha rispettato l’ordinanza cautelare che ordinava alla società un certo tipo di turnazione lavorativa e di divieto di utilizzo di alcuni prodotti chimici alla quale la donna era allergica.
L’importanza di questa sentenza è che ha sancito il diritto di criticare il proprio datore di lavoro senza rischiare un licenziamento disciplinare per giusta causa. La giurisprudenza e la sentenza ribadiscono, però, che la critica al datore può avvenire come attuazione del proprio diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero (art. 21 Costituzione) ma senza ledere la dignità umana (art. 2 Costituzione) e rispettando i principi di correttezza e verità.
I due principi si manifestano nella libera espressione del proprio pensiero senza ledere il decoro dell’impresa, nel rispetto della verità oggettiva e soggettiva in capo al lavoratore e datore di lavoro. Se non vengono rispettati questi parametri il lavoratore può incorrere nella violazione della fiducia che sta alla base del rapporto di lavoro (art. 2105 codice civile “obbligo di fedeltà”) e può costituire giusta causa di licenziamento, anche se è molto alto il margine di discrezionalità nella valutazione lasciata ai giudici.