UN NUOVO UMANESIMO DEL LAVORO PER TROVARE UN SENSO CON GLI ALTRI E PER GLI ALTRI
Fonte: Luca Poma – Creatori di futuro, 22 Ottobre 2020.Questa è una sintesi dell’articolo completo da lui selezionato da una pubblicazione di Vittorio Pelligra su: Il sole 24 ore.com del 4 ottobre 2020 che trovate al link:
Il lavoro può essere un ingrediente essenziale della felicità poiché attribuisce un senso alla vita delle persone, come traduzione del termine di “eudaimonia”, dal greco antico, così come “aretè” significava il far bene qualcosa e giungere all’eccellenza e così come “daimon” significava la voce interiore che faceva fiorire le capacità, i talenti e le conoscenze. La ricerca di senso non è solo interiore, ma ha una dimensione sociale ed agisce in un contesto.
La mancanza di senso, come per esempio avviene nell’economia dei “lavoretti” per i precari, nei populismi in politica, o, più tragicamente, nelle morti per disperazione di chi ha perso il lavoro o non riesce a sostenere attività economiche, è responsabile dell’incapacità di trovare il vero significato profondo dell’esistenza. A questo proposito è importante la spiegazione che lo storico Yuval Noah Harari dà del contesto di riferimento come incapace di generare un senso valido per l’intera esistenza.
Nel quadro pre-moderno, gli uomini trovavano un senso nella consapevolezza di essere inseriti in piani sovraordinati (religiosi o politici) orientati al bene individuale e collettivo, nonostante guerre, pestilenze, siccità, che avrebbero portato a qualcosa di buono, perlomeno nell’aldilà. Quindi, ruoli e vicende preordinate portavano alla rinuncia ad un libero arbitrio. La modernità rifiuta questa visione e rivendica potere e autonomia individuale, al di fuori di un contesto di riferimento. che dava senso all’esistenza. D’altra parte il venir meno del contesto mette in moto creatività ed energia per il cambiamento. Il termine greco di “hybris”, cioè l’orgogliosa tracotanza che porta l’uomo a presumere della propria potenza e fortuna e a ribellarsi contro l’ordine costituito, unito alla “techne”, cioè la tecnologia, porta alla ricerca del potere in un universo svuotato di senso, di cui sono espressione i cambiamenti climatici, le migrazioni, le diseguaglianze.
Per cambiare le cose e ricostruire un contesto in cui generare senso e limitare l’uso insensato di potere e tecnica occorre una narrazione non trascendente ma che giustifichi lo stare al mondo senza un mediatore sacrale che oggi è Dio, Stato, Mercato, ma riconoscendoci l’un l’altro, incrociando gli sguardi. In questo quadro si comprende che la dignità del lavoro umanizza il mondo e il nuovo senso è lavorare con gli altri e per gli altri, cioè rivalutare la socialità. Quindi occorre ripensare il lavoro come espressione della spinta verso l’eccellenza
Le dimensioni che influenzano la generazione di senso col lavoro sono il valore intrinseco dell’attività in sé, la crescita personale, la sua utilità per sé e per gli altri e la socialità inclusiva. Quindi l’attribuzione di senso a ciò che facciamo passa attraverso la percezione individuale e un contesto sovraordinato e condiviso in cui operiamo. Oggi le grandi organizzazioni pubbliche e private sono orientate alla responsabilità ambientale, ma sarebbe ora di promuovere modalità innovative di progettazione e gestione del lavoro per dare un senso ad un’esigenza umana fondamentale