BULLISMO ADULTO
Storytelling Risorsa
Una nostra amica di lunga data, ha fatto pervenire alla redazione Risorsa una sua interpretazione originale del termine “bullismo”, cui diamo una sintesi. Esso è principalmente riferito a fenomeni di violenza fisica e psicologica in ambito scolastico o in contesti sociali riservati ai giovani e, con l’avvento di Internet, si è evoluto in “cyberbullismo”. Molto simile, almeno fino a quando c’è stata la leva obbligatoria, era il “nonnismo” nelle caserme verso le reclute e nelle Università verso le matricole. In ambito lavorativo le violenze psicofisiche sono classificate come “mobbing”(violenze sui dipendenti o colleghi per più di 6 mesi), “straining” (violenze anche per periodi inferiori a 6 mesi ) e “gaslighting” (non ci sono violenze ma si cerca di far passare per pazzo il dipendente o il collega). Sono tutte parole inglesi riconducibili ad un comportamento di esclusione di un animale dal “branco”.
Andando a rileggere queste definizioni, la nostra amica è rimasta colpita dalla parola “branco” e ha deciso di adattarla anche alla realtà dei nostri uffici (e fabbriche, quando ci sono ancora…) . Infatti, secondo lei, quando vi sono cattive gestioni o scarsa qualità di servizi, emergono i “bulli” che, in questi casi, sono degli “adulti” e quindi con maggiori responsabilità rispetto a giovani incoscienti. Il carrierismo senza competenze, la corruzione, la ricerca di un potere narcisistico, sviliscono la funzione di controllo, autorevolezza e coordinamento che dovrebbero avere i capi, e li trasformano appunto in “bulli adulti” . Costoro formano un “branco” che, per conservare il potere, tende ad emarginare, se non ad indurre alle dimissioni i “capri espiatori” che sono poi spesso quelli che vorrebbero lavorare al meglio delle loro capacità e cercare di migliorare. Ma il “branco” non entra nel merito della qualità, non si assume responsabilità e aspetta al varco chi, prima o poi, inciampa. Ma non basta, fanno “branco” anche i colleghi opportunisti, deresponsabilizzati e che sfruttano a proprio vantaggio un organizzazione del lavoro che appiattisce tutti e li rende simili a numeri, non a persone. Costoro giungono alla delazione, all’umiliazione e all’isolamento di chi, come loro, passa 8 o più ore della giornata fianco a fianco. Il “sistema branco” chiede cieca obbedienza, pena l’espulsione dei deboli e dei diversi, individuati come vittime sacrificali. Per fortuna non tutte le organizzazioni si accontentano di una qualità bassa nello svolgimento del lavoro e si trovano anche imprese pubbliche e private che diventano “eccellenze” grazie ai loro dipendenti qualificati e motivati.
Queste sono le considerazioni generali della nostra amica che non vuole però descrivere quanto è successo a lei perché – dice testualmente – sono ricordi miseri e dolorosi. Noi di Risorsa la comprendiamo appieno