SUCCEDE IN AMERICA: UNA RICERCA SULLA CSR
Un nostro Volontario ha trasmesso alla redazione di Risorsa un articolo del giornalista e scrittore Luca Poma, che da anni si occupa di Responsabilità Sociale d’Impresa (CSR). Benché datato (2012), ci è piaciuto perché, in una materia che pare totalmente aziendalistica, introduce il concetto che un’impresa debba tener conto delle sue : “prestazioni ambientali e sociali”. Infatti la CRS è spesso vista come attenta solo all’ambiente in cui opera (il famoso “green”), mentre essa riguarda anche gli aspetti sociali, tra cui rientra il “benessere dei dipendenti”, cosa che sosteniamo essere una delle leve per evitare le pratiche di mobbing.
L’articolo sintetizza i risultati di una ricerca della Harvard Business School, che potrete trovare al link:
In questa sede ci limitiamo ad esporre alcuni risultati della ricerca svolta su 180 aziende americane, di cui la metà sono state classificate come “ad alta sostenibilità” poiché sensibili al tema della CSR nell’impostare le loro strategie, non solo sotto il profilo della “governance” ma anche della cultura e delle prestazioni. La ricerca ha misurato infatti in maniera scientifica (per quanto lo possano essere le scienze sociali) che tali aziende “sovraperformano” sia sotto il profilo dei risultati contabili che di borsa. Ciò significa che esse ottengono risultati migliori, nel medio periodo, rispetto a quelle che non hanno una cultura e quindi una strategia di soddisfacimento non solo dei bisogni dei clienti ma anche dei bisogni di tutti gli altri “stakeholders”, che si affiancano al puro azionariato finanziario (stockholders), attraverso la “relazione” . E quale migliore strategia verso i dipendenti – sosteniamo noi – che stabilire una relazione e non uno scontro? La relazione deve andare oltre i rispetto minimo delle leggi e dei regolamenti, mediante processi di coinvolgimento (engagement) che devono essere successivamente monitorati circa il ritorno (feedback). Con il coinvolgimento si possono anche intercettare segnali di crisi o di debolezza. La ricerca mette in luce che le aziende “sovraperformanti” danno ai loro dirigenti compensi ed incentivi adeguati al raggiungimento di obiettivi non solo di soddisfazione del cliente, ma anche ambientali e sociali. La stessa ricerca mette in guardia le aziende che con un “green washing” cerchino profitti e vantaggi competitivi di breve periodo, poiché questi si raggiungono solo a lungo termine. Vengono poi rilevate, nelle aziende virtuose, regole di trasparenza e condivisione delle informazioni che portano, come risultato all’abitudine di dover “rendere conto” delle proprie scelte a tutti (clienti, fornitori, dipendenti, società civile) al di là della reportistica contabile. Il dato più evidente della ricerca è che 1 dollaro investito, dopo 18 anni, rende tra il 25 e il 35% in più rispetto ai rendimenti delle imprese “a bassa sostenibilità”. Ma compaiono anche altri fattori tra cui la capacità di attrarre, fidelizzare e incentivare le migliori forze lavoro disponibili sul mercato, adeguando anche le proprie tecnologie, con investimenti ad hoc. In conclusione, secondo la ricerca, appare evidente che la pratica della sostenibilità non è solo uno strumento di relazioni pubbliche, ma dà alla teoria della CSR una dignità di disciplina scientifica strategica per ogni innovativo modello di business per uno sviluppo armonico delle aziende del XXI secolo.
A commento, per quanto riguarda almeno le aziende multinazionali USA presenti in Italia, abbiamo notato, dai racconti dei dipendenti che a noi si sono rivolti, che le pratiche di CSR vengono messe per iscritto nelle famose ISO (International Standardization Organisation), ma possono poi venir disattese: se fossero veramente messe in pratica, il mobbing sarebbe il primo fenomeno ad essere bandito ! E’ curioso notare come l’acronimo inglese ISO possa essere fatto risalire alla parola isos, che in greco antico, significa “uguale” . Affinchè quanto succede in America possa succedere anche da noi (con almeno il 50% delle aziende italiane che adottino la Responsabilità Sociale d’Impresa) riteniamo necessario che tutti i dipendenti siano “uguali” e non che alcuni siano “discriminati” per poter essere più facilmente indotti alle dimissioni…