COME CAMBIA IL MOBBING AI TEMPI DEL CORONA VIRUS ?
A questa surreale domanda fatta da un giornalista di un famoso quotidiano nazionale, così risponde un nostro Volontario “informato sui fatti”:
Il lavoratore che, fino ad oggi, voleva appellarsi a riferimenti normativi contro il mobbing non ne trovava molti: c’è l’art. 2 del titolo II della Costituzione (una delle migliori del mondo, cui tutti si appellano ma che pochi rispettano) che tutela la salute come diritto fondamentale (e sappiamo come il mobbing incida sulla salute !). C’è poi l’art. 2087 del Codice Civile secondo cui l’imprenditore è tenuto a tutelare non solo l’integrità fisica, ma anche morale (è lì che si annida il mobbing) del dipendente, mentre nel Codice Penale (art. 590) vengono sanzionate le sole lesioni fisiche e personali colpose (nell’esperienza di Risorsa, per fortuna solo nel 2% dei casi i padroni prendono a calci e pugni i dipendenti !). Infine il DLS 81/2008 (Testo unico sulla sicurezza nel lavoro) ribadisce che la salute -nuovamente – deve essere uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale del lavoratore. In assenza di tale benessere è il lavoratore a dover dimostrare il nesso causale tra il danno e l’inosservanza delle norme, in pratica di aver subìto mobbìng (mi si perdoni l’accento sulla lettera ì , ma è per non confondere il mobbing patito dai lavoratori con un mobbing immediato (mobbing sùbito, qui e ora!), come magari vorrebbero i datori di lavoro)
Ai tempi del corona virus, il lavoratore e la lavoratrice pensavano di aver scansato, se non il mobbing, almeno il pericolo del licenziamento. Infatti il D.L. 17/3/20, art. 46, detto: “Cura Italia” impediva i licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo fino al 17 maggio 2020, limitatamente ai lavoratori sottoposti alle tutele crescenti del Job Act (gli estensori non avevano osato chiamarlo nuovo Statuto dei lavoratori, ma quello vecchio continua ad esistere da più di mezzo secolo) Tra i giustificati motivi sarebbero rientrati la diminuzione di attività, se non la chiusura dell’azienda. Ora il Decreto “Rilancio” del 19/5/20, all’art. 80, proroga tale divieto fino al 17 agosto, con possibilità di ulteriore slittamento (speriamo) fino a fine anno. Ma ritardi nella pubblicazione sulla G.U., stato di confusione tra l’apertura delle procedure di Cassa Integrazione e Naspi, conflitti di competenze tra INPS e INAIL (ecco la famosa burocrazia , tutta italiana e i cui uomini – i burocrati – frenano da anni lo sviluppo economico) rischiano di rendere aggirabili anche queste forme di tutela che – detto per inciso – non si riferiscono solo all’emergenza Covid19, ma anche allo stato generale dell’economia. Ma la “ubris” greca (arroganza del potere verso i deboli) ha fatto scoprire ad alcuni imprenditori di pochi scrupoli, tra i manuali sul mobbing nuove modalità non su come evitarlo, ma su come provocarlo) 2 nuove parole.
La prima è “straining”, già conosciuta dagli addetti ai lavori – tra cui, modestamente Risorsa – grazie alla sua ventennale esperienza – si pone. Lo straining (dal termine medico inglese: stancare, mandare in “overdose” , da cui poi il “burn out dei dipendenti nel settore della sanità) è una forma di vessazione meno pesante del mobbing, ma che sembra proprio adatta a periodi come questo in cui le aziende sono chiuse o stentano a ripartire. Lo straining si caratterizza per la breve durata delle pratiche di molestie psicologiche: sono infatti sufficienti poche azioni del “carnefice” per provocare uno stato di stress della “vittima” che però si protrae nel tempo. Non è più necessario perseguire le pratiche vessatorie per almeno 6 mesi – così recita la giurisprudenza – ma è sufficiente far pesare al dipendente (magari in smartworking) che è incompetente, troppo lento o addirittura “fancazzista”. Così la platea di lavoratori su cui esercitare violenze si moltiplica e può coinvolgere:
-primo: le madri lavoratrici che in questo periodo devono accudire i figli che non vanno a scuola. Per alcune aziende la segretaria del capo deve essere disponibile almeno h.12 su h.24, magari con straordinari non pagati. Dunque, puniamole con lo straining per il delitto di aver messo al mondo un figlio…
– secondo: i lavoratori invalidi o appartenenti a categorie protette, come l’operaio addetto a lavori usuranti anzichè a mansioni più consone. Da sempre i datori cercano di “scaricare” i lavoratori meno performanti per cause indipendenti dalla loro volontà, invalidità o disabilità.
terzo: quelli over 45, magari un contabile da 30 anni in azienda, ma ancora lontano dalla pensione, che non saprebbe come campare, se licenziato , perché sono “troppo vecchio” per lavorare in un mondo così dinamico
– quarto: last but not least, anche apprendisti, partite IVA , consulenti (attraverso la rescissione dei contratti), ex soci di cooperative e tutto il mondo del precariato (da cui le lotte “tra poveri” per essere assunti fissi), ma non solo, anche quadri e dirigenti. A proposito di questi ultimi, bisogna distinguere. Il dirigente accetta, per contratto, di essere licenziato (salvo poi essere abbondantemente risarcito, ma solo se è un “megadirettore galattico”). Il quadro no . Egli aveva condiviso per anni le strategie aziendali, ma ora è inadeguato o, semplicemente, troppo costoso ! E questo è ciò che è successo ad alcuni padri fondatori di Risorsa…
La seconda parola è “gaslighting”, forma di vessazione più subdola ancora del mobbing, poiché, anche se nata in ambito domestico (ne è stato fatto anche un film: Rebecca la prima moglie, dove il marito cerca di far impazzire la moglie accusandola di aver spento le luci “a gas” – siamo nell’800 – mentre lei le aveva lasciate accese) può essere applicata anche all’ambito lavorativo, a seguito di continue pungolature e rilievi su cose mal fatte. Manca la rabbia che il mobber riversa sul dipendente, ma queste subdole manipolazioni psicologiche portano il malcapitato o malcapitata a pensare di essere loro in torto. Così saranno indotti a licenziarsi dando le dimissioni, quindi senza grossi problemi legali per datore di lavoro. Attenzione: è una soluzione che noi di Risorsa vivamente sconsigliamo. Almeno, un licenziamento si può impugnare, le dimissioni volontarie (o “spintanee”) no…
Attenti quindi a queste nuove forme di mobbing ai tempi del corona virus…