MONETE PARALLELE E…VOLONTARIATO
I racconti di Risorsa non riguardano solo il tema del mobbing e del disagio lavorativo. A volte i nostri Volontari portano il loro contributo anche su argomenti riguardanti il quadro macroeconomico in cui si svolge l’attività dell’associazione. E’ il caso di questa testimonianza, nata da una richiesta di una giovane che voleva saperne di più su un articolo comparso su Facebook in merito al testo “L’altra moneta” (detta anche moneta parallela), teoria proposta dall’ economista Nino Galloni. vedi link
Si erano infatti scatenate le solite polemiche, tipiche dei social: gli esterofili dicevano che era meglio l’inglese Keynes; no – rispondevano i nazional-popolari – meglio Caffè (non è la bevanda quotidiana di tutti noi) ma un illustre economista italiano. Nessuno dei leoni della tastiera diceva il perché della scelta, anche se i followers mettevano dei “like”, senza nemmeno un breve commento. Così il nostro Volontario che, per studi e per attività professionale, in pensione, ma che si sente “diversamente giovane” nonostante gli acciacchi a causa della sua “ingravescente aetate” , fa questo racconto alla giovane che gli aveva posto la questione, ricordando un po’ di storia e citando le sue personali esperienze:
John Maynard Keynes, l’economista inglese vissuto tra fine ‘800 e metà ‘900, è stato fautore, tra l’altro, dell’intervento statale in economia, in contrapposizione alle macro-teorie monetariste e a quelle micro-economiche neo-liberiste (queste ultime sono una degenerazione del liberalismo ottocentesco) . La citazione dei 2 economisti ha riportato alla mente il mio esame di “Economia politica 2” all’Università di Torino, facoltà di Scienze politiche nel lontano 1973, sostenuto presentando il testo “Politica economica” di Federico Caffè. Nel 1987, il professore di Pescara scomparve misteriosamente a Roma e di lui non se ne seppe più nulla (quasi fosse stato rapito dagli alieni…). La sua opera di economista si basa sulla diffusione delle idee Keynesiane e quel libro me lo ricordo bene ! Era difficile e non ti dico l’imbarazzo di quando l’esaminatore, il celebre professor Claudio Napoleoni, mi chiese di commentare il seguente modello macroeconomico:
M=lPy+L(r).
Cominciai dicendo che si trattava del modello keynesiano, contrapposto alla teoria classica pre-keynesiana in cui le variazioni nella misura (l) della moneta (M) a fini di transazioni spiegavano non solo il livello dei prezzi (P), ma anche il volume della produzione globale (y) e conseguentemente dell’occupazione. Ricordai che per Keynes la piena occupazione poteva essere raggiunta solo con un’economia “mista” Stato-Privato che, attraverso le opere pubbliche, risollevasse le sorti dell’economia americana dopo la “grande depressione” del 1929 e che oggi si chiama economia sociale di mercato. Ma ebbi poi difficoltà a spiegare quell’L(r) – la parte più innovativa della teoria keynesiana – che aggiungeva al modello classico la domanda di moneta per fini speculativi (quella che oggi viene chiamata economia finanziaria). Oggi, dopo una vita di lavoro, che ha attraversato, in quasi 50 anni, periodi di prosperità e di crisi economiche, mi è molto chiaro che quell’L(r), cioè la speculazione della “finanza” (non entità astratta, ma fatta di individui detti “finanzieri”) che agisce nell’economia reale (quella, per intenderci, che non è il “mercato”, ma è fatta da individui detti “mercanti”) è la fonte di molti disastri economici (le cosiddette “bolle finanziarie”). Secondo me, il ritorno ad un’economia manifatturiera, con al centro il lavoro, (l’Italia è in questo settore la seconda potenza europea, dopo la Germania) potrà salvare il nostro Paese in questi tempi di straordinaria emergenza.
Fatta questa lunga premessa, mi sono documentato (per quanto possa essere attendibile Internet) sull’economista Nino Galloni e sulla sua proposta di “moneta parallela”. Sembra non si tratti di un ritorno alla lira o di un’uscita dall’euro, come vorrebbero i “sovranisti” e , comunque eventualità da prendere in considerazione solo in caso di incapacità di una politica finanziaria comune nell’UE, quanto piuttosto di forme di scambio limitate nel tempo e nello spazio che non incidano sul debito pubblico. Non potevo aspettarmi altro, infatti, da un alto funzionario dello Stato e politico moderato, discepolo di Federico Caffè, vicino alla corrente della sinistra democristiana di Donat Cattin. Tralascio le diverse opinioni se questa formula sia o meno permessa dalle norme comunitarie (pare ci sia un silenzio-assenso), ma mi limito a riportare che, secondo Galloni, l’emissione di moneta spettante ora solo alle Istituzioni preposte (Banca d’Italia e BCE) potrebbe essere fatta dallo Stato, dopo discussione parlamentare, anche dal MEF (Ministero dell’economia e delle finanze, da non confondere con MES – Meccanismo Europeo di Stabilità, di cui si discute in questi giorni).
Il pensiero di Galloni, a parte i complessi rapporti connessi alla restituzione e tassazione di tale moneta, su cui non voglio entrare, mi ha incuriosito in relazione ad una proposta fatta nel suo ultimo libro. “L’altra moneta” che appare “fuori dal coro” e che si richiama alla concezione di un mondo lontano dagli schemi ultra-competitivi neo-liberisti e vicino ad un mondo più umano espresso da una cultura “Umanista” e basato sulla cooperazione. Un esempio di “altra moneta”, anche se non citata espressamente nel libro, ma ben presente nella mia esperienza personale, è la “moneta-tempo”, una modalità legata principalmente al mondo “solidaristico” di cui è tipica espressione il Volontariato. Infatti il tempo fornito in completa gratuità da Volontari a fasce di popolazione disagiate ed emarginate, viene rendicontato agli Enti finanziatori di progetti sociali sotto forma di “valorizzazione del tempo volontario”, contribuendo alla quota di co-finanziamento normalmente richiesta alle organizzazioni non profit. Così, ad esempio, un professore universitario che faccia da relatore in una conferenza ma sia anche un Volontario di un’associazione (ex onlus, ora ETS o Ente del Terzo Settore) percepisce una retribuzione teorica di 20 € all’ora (minimo contrattuale delle cooperative sociali) che può essere valorizzata in un progetto di utilità sociale.
Per concludere, a proposito di cultura Umanista, tengo a sottolineare che nel mondo profit comincia ad essere modificato il concetto di PIL , come indicatore di sviluppo economico poichè tale sviluppo non include anche la “felicità” delle persone, non quantificabile ma che sia garantita da un sistema di welfare di qualità, non solo pubblico (come sosteneva Keynes), ma anche aziendale privato. Anche nel mondo del non profit sta cadendo un altro tabù “finanziario” cioè il ROI (return on investment – ritorno sull’investimento) per essere sostituito dallo SROI (social return on investment) ove possa essere verificato l’impatto (o ritorno) “sociale” di un’azione solidaristica proveniente dalla società civile. Chissà che la “moneta tempo” non aiuti a migliorare questo nostro mondo così scosso dalla pandemia…