LA REALTA’ VIRTUALE
STORYTELLING RISORSA
Proseguiamo con le storie recuperate nei nostri archivi sulle testimonianze di mobbing, raccontate da persone che si erano presentate, tempo fa, al nostro Sportello di ascolto e orientamento. Per non dare adito a possibili riconoscimenti, abbiamo cambiato nomi di persone e di luoghi. I nostri volontari che hanno scritto vicende tristi e pesanti, le hanno trasformate in forma curiosa, leggera e ironica. Buona lettura
C’è un mestiere nobilissimo e che aiuta tutti noi a vivere meglio nel nostro ambiente: quello di chi, dopo studi severi ed una laurea niente affatto “facile” ha imparato a conoscere le nostre montagne, le nostre acque, la nostra terra. E’ il mestiere del geologo, che il nostro Paolo svolge coscienziosamente da anni, affrontando rischi, disagi e fatiche.
Eppure l’azienda per cui lavora, come tante altre del settore, non lo apprezza, considerandolo solo come un costo aggiuntivo, di cui farebbe volentieri a meno, se non ci fossero le leggi in materia di sicurezza!
Così, quando lo stipendio di Paolo comincia ad essere, secondo i criteri della società, troppo elevato, il titolare dimentica la dedizione e l’apprezzamento del suo dipendente, giunto anche in più occasioni da enti esterni e pensa di sostituirlo con un giovane, certamente meno costoso, e, forse, anche più malleabile in certe situazioni…….o, per dirla in altre parole, meno rigido nel far applicare quelle regole che poi evitano le frane, gli smottamenti e quant’altro attiene alla sicurezza di un’opera edilizia o stradale e fa sì che non accadano quelle “calamità naturali” che poi tanto “naturali” non sono.
E’ a questo punto che il titolare dell’azienda si inventa una sua “realtà virtuale”, per poterlo “far fuori”. Innanzitutto comincia a tartassare il dipendente scomodo con ogni sorta di vessazioni, fino al demansionamento, che da geologo lo vede trasformarsi in…..fattorino! E’ chiaro che la reazione di una persona colta e mite non può essere che quella di cadere in una profonda depressione, che coinvolge anche i familiari del malcapitato. Tuttavia egli non può permettersi, come quasi tutti coloro che vivono del proprio stipendio, di dare spontaneamente le dimissioni, e ricorre a brevi periodi di mutua quando le persecuzioni diventano troppo incalzanti. Durante uno di questi periodi, egli riceve una lettera in cui gli si dice che l’azienda prende atto delle sue dimissioni e lo “esonera” dal periodo di preavviso. Naturalmente è tutto inventato (ecco perché lo definisco realtà virtuale) poiché Paolo quel preciso giorno se ne è andato dall’ufficio sbattendo la porta per l’ennesima vessazione ed è corso dal medico per poi spedire subito il certificato di malattia!
L’azione datoriale si configura quindi come un vero e proprio “licenziamento”, anche se non esiste assolutamente “giusta causa”, unica possibilità oggi prevista in Italia per poter licenziare una persona. Sacrosanta quindi è l’impugnazione della lettera e la conseguente vertenza che ne seguirà. Anche se è prevedibile il reintegro nelle sue funzioni e l’accertamento della magistratura su attività, magari non proprio “pulite”, dell’azienda, Paolo rimarrà per sempre segnato da quest’esperienza, che ha minato la sua salute e la sua autostima. La sua storia è emblematica di come, nel mondo del lavoro di oggi, la sete di guadagno tenda a sopravanzare qualsiasi altra considerazione, umana e professionale, che incide sulla pelle del lavoratore e, nel caso specifico, anche sulla pelle di tutti i cittadini utenti di un servizio non rispettoso di criteri di sicurezza