STORYTELLING RISORSA: MAMME E MOBBING
Sono passati 15 giorni da quando abbiamo deciso di pubblicare storie di mobbing, raccontate da persone che sono passate allo Sportello d’ascolto e orientamento Risorsa, prima sotto il titolo di “Risorsa racconta” poi come “Storytelling Risorsa” . Abbiamo raccolto quasi 60 visualizzazioni su FB, a testimonianza che, anche in questi tempi bui, possiamo aiutare qualcuno con consigli su come alleviare le sofferenze che riguardano in modo trasversale un po’ tutti i lavoratori e lavoratrici, dagli operai agli impiegati e – come leggerete nelle prossime storie – anche lavoratori autonomi, quadri e dirigenti. Speriamo anche di aver suscitato qualche sorriso, poiché abbiamo cercato di rendere le testimonianze un po’ meno pesanti…
La maternità, oltre ad essere una delle cose più belle e più importanti per la maggior parte delle donne, assolve anche una funzione sociale nella nostra società, garantendo il ricambio generazionale ed il sostentamento, mediante i contributi previdenziali dei giovani lavoratori e lavoratrici, delle schiere di pensionati, magari espulsi anzi tempo dai processi produttivi.
Certo, il presupposto è che la stabilità del rapporto di lavoro dipendente consenta l’accumulo dei contributi su cui si basa lo Stato sociale. Ma, nella nostra società malata, dove impera la precarietà spacciata per flessibilità, questo semplice ragionamento pare non avere più posto.
Ne è un esempio la storia, raccontata allo nostro sportello, da una giovane mamma impiegata come receptionist in una grande e dinamica azienda.
Il racconto era velato dalle lacrime della depressione in cui era caduta proprio a causa delle difficoltà nell’ambiente di lavoro e persino il padre, che l’accompagnava, non riusciva a nascondere la commozione durante il racconto della figlia.
Dunque la ragazza era sempre stata apprezzata per la sua disponibilità ad orari anche disagiati, compreso il sabato, e non aveva mai avuto problemi con i suoi capi. Il dramma si scatenò al ritorno dalla maternità, quando osò chiedere il part time per poter accudire alla bambina appena nata. La risposta fu testualmente “Questa non è più l’azienda adatta a lei ! “. Di qui iniziarono le vessazioni, l’emarginazione e l’invito a: “Cercarsi una baby sitter” come se questo non andasse a incidere sul bilancio familiare!. Tutto ciò in quanto il part time sarebbe stato in contrasto con l’immagine di efficienza e flessibilità che l’azienda deve dimostrare ai propri azionisti.
Oggi questa giovane mamma è in mutua per depressione e non sa cosa fare: poiché nessuno dei colleghi è disponibile a testimoniare per lei in una eventuale causa civile, lo sportello l’ha indirizzata ad un avvocato penalista, così, magari, il mobber ci penserà due volte prima di ripetere tutte le vessazioni e umiliazioni inflitte a chi aveva la sola colpa di aver messo al mondo un figlio !