LAVORO E DOTTRINA SOCIALE CRISTIANA
Relazione di un convegno sul tema, a cura di Ferdinando Ciccopiedi
Non è la prima volta che partecipo a convegni sulla DSC (dottrina sociale cristiana) perché coltivo un’idea che i miei stessi colleghi di Risorsa ritengono “utopistica”. L’idea che, se le aziende adottano i principi della morale cristiana, anche fenomeni come il mobbing o il disagio sul lavoro possano essere ridotti in maniera consistente. Tutti sappiamo che nel mondo di oggi le pratiche “etiche” non sono patrimonio dei datori di lavoro, ma la mia speranza è che, magari tra 10 anni, tale situazione possa essere ribaltata. Infatti nel mondo del lavoro si sta facendo faticosamente strada i concetto di “Responsabilità sociale d’impresa” (con l’acronimo inglese di CSR) che si avvicina per certi aspetti alla dottrina sociale cristiana (il cui acronimo è abbastanza simile: DSC). Così ho partecipato al convegno dal titolo: “Cristianesimo e questione sociale” ma, secondo la regola che la redazione di Risorsa si è data, non citerò, per motivi di privacy, i nomi dei relatori che comunque erano di altissimo livello e ciascuno di essi ha offerto spunti di riflessione partendo dal testo che ha dato il titolo al convegno: “Cristianesimo e questione sociale” di Peppino Accroglianò, mio illustre conterraneo calabrese. In sintesi, i risultati dei lavori, confermano che la dottrina sociale è un tema poco conosciuto non solo dagli studiosi di antropologia ed economia, ma anche all’interno della stessa Chiesa cattolica. C’è però una speranza: anche in assenza di soluzioni concrete che ad essa si ispirino, la dottrina sociale costituisce uno strumento e un metodo per reintrodurre nel mondo del lavoro giustizia e dignità.
ATTI DEL CONVEGNO: CRISTIANESIMO E QUESTIONE SOCIALE
Il primo relatore, un teologo, ha ricordato le polemiche cui la Chiesa Cattolica è stata sottoposta sia dalla riforma protestante, sia dal neo-tomismo (cioè dalla ripresa della filosofia scolastica) circa la sua pretesa di “dire qualcosa” su ogni argomento (enciclopedismo cattolico). Agli argomenti che la Chiesa trattava mancava “il sociale” e, pur non essendo questo il cuore di tutte le preoccupazioni, decise di intervenire con la funzione di lettura della società in economia e diritto, anche come reazione alle “fedi nuove” proposte dall’Illuminismo. Questa filosofia infatti “credeva” nella ragione e contrapponeva la razionalità alla fede. Così ebbe origine la prima enciclica sociale di Papa Leone XIII che affermava il “sociale” come nuovo fondamento di fede. Infatti la visione cristiana della società pone al centro l’uomo e non le cose, come era stato predicato da Gesù. Il relatore ha poi trattato il tema di come l’ultima enciclica sociale di Papa Francesco (Laudato sì) si presenti come superamento delle precedenti encicliche di Giovanni Paolo II (Laborem exercens) e di Benedetto XVI (Caritas in veritate). Anche laudato sì pone al centro la persona umana (concetto che mancava anche nella teoria marxista) nel suo rapporto con il lavoro nella società post-industriale. E poiché oggi non c’è più il lavoro tradizionale è necessario che l’uomo trovi nuovi lavori che permettano di salvare il pianeta: preservare l’ambiente, rispettare la natura implica un cambiamento nel modo di concepire il lavoro che restituisce dignità alla persona che diventa una “risorsa” per la società. I nuovi lavori per la tutela dell’ambiente, per la manutenzione delle infrastutture e abitative, il ritorno all’agricoltura faranno sì che il lavoro, oltre che essere “concesso” sia anche riconosciuto, ed in ciò si inquadrano anche i lavori “artistici” tendenti alla bellezza (che salverà il mondo). Gli altri relatori, alti magistrati e costituzionalisti, sottolineano, in primis, come l’aumento di criminalità sia provocato anche dalla riduzione del welfare e che i reati “economici” siano provocati dal prevalere delle logiche finanziarie dei mercati anonimi, che sostituiscono le persone, proprio come si dice nelle encicliche sociali.
Ripropongono poi un excursus nei secoli della questione sociale, ove la dottrina sociale è un tentativo di recupero rispetto al materialismo marxista in una società originata dalla rivoluzione industriale. Questa era caratterizzata da ingiustizia e povertà dei molti, a fronte della ricchezza dei pochi, proprio il contrario rispetto alle origini del cristianesimo già in epoca romana, che si fondava proprio sulla giustizia predicata da Gesù. Nel nostro tempo occorre pensare alle nuove generazioni per lavorare insieme e non per convincere i convinti della bontà della dottrina sociale. Anche Papa Bergoglio afferma che la rivoluzione tecnologica cambia l’assetto sociale. Non si possono dare oggi soluzioni ai problemi posti dal cambiamento, ma ancora la dottrina sociale cristiana si propone come strumento e metodo per risolverli: se non si ricerca la giustizia e l’accoglienza cresceranno nuove diseguaglianze e impoverimento. Contrariamente a quanto si pensa, l’origine della questione sociale non è legata all’enciclica Rerum novarum di Leone XIII nel 1891, ma è compenetrata in tutta la storia del Cristianesimo. Già nelle prime comunità cristiane di Roma convivevano patrizi e plebei, sorretti dalla stessa fede nella difesa dei deboli. Nei secoli bui succeduti alla caduta dell’impero i Padri della Chiesa traducevano nella vita terrena i principi della giustizia divina e le comunità parrocchiali erano un sostegno per i poveri. Nel Medio Evo la Chiesa riconosceva la proprietà privata, ma solo se essa aveva una funzione sociale. Non parliamo poi dei monasteri benedettini dove “ora et labora” era la massima che, oltre alla custodia della cultura degli antichi, fece rifiorire l’agricoltura. Anche le città rinascevano ed il Vescovo era il punto di riferimento. La costruzione delle cattedrali fu un altro esempio della collaborazione di tutta una comunità, senza emarginazioni, alla costruzione di un mondo migliore. Si passa poi alla Riforma protestante, in cui il valore dell’etica del successo, conseguente al concetto di predestinazione, porta all’allentamento dei vincoli di solidarietà, che esplodono poi nella prima Rivoluzione industriale con lo sfruttamento dei lavoratori. Qui la dottrina sociale cristiana si dedica alla carità verso le fasce più povere della popolazione e mette in atto un elenco di attività sociali già stabilite da Gesù, tra cui la rinuncia all’individualismo nel farsi carico degli altri. Si giunge così al XXI secolo e si può fare un bilancio circa lo stato dell’arte della dottrina sociale cristiana. Elementi positivi sembrano ritrovarsi nella vittoria rispetto alle ideologie alternative (marxismo, nazionalismo e liberismo) in cui la religione come “oppio dei popoli” lascia il passo ad una realizzazione terrena dell’uomo contro l’illusione dell’aldilà nella pace, dopo le drammatiche esperienze di 2 guerre mondiali. Ma vi sono anche elementi negativi che si ritrovano proprio all’interno della Chiesa, dove la Dottrina sociale viene confinata ai margini della cultura, sembrando più urgente la battaglia sui “diritti non negoziabili” come l’inizio (aborto) e il fine vita (eutanasia). Il multiculturalismo della società globale e l’avversione alle ideologie ostacolano la pretesa di riferimenti dottrinali e valoriali. Anche la dottrina sociale viene semplificata e, di volta in volta adattata a situazioni contingenti. E’ quanto succede parallelamente nei movimenti politici che estrapolano dalle vecchie ideologie alcuni temi su cui c’è coincidenza tra opposte visioni (liberismo ed economia sociale di mercato; immigrazione e accoglienza). Le conclusioni sono che, verificati corsi e ricorsi storici, è necessaria una “rifondazione” della Dottrina sociale cristiana orientata a proporre un metodo e una visione del mondo dove l’uomo abbia una sua identità riferita a valori e ideali. Senza identità appare difficile recuperare le nuove generazioni rinchiuse nel privato e non nel sociale e proprio i giovani sono la nuova “questione sociale” poiché il lavoro precario e a bassa remunerazione non permette loro di costruire progetti di vita.