Summer school Lavoro&Welfare
Dopo la Winter School di Torino, l’associazione L&W prosegue il suo percorso di formazione politica nella Summer School di San Gemini (Terni) dall’ 11 al 13 settembre 2015.
Ecco il resoconto di un volontario Risorsa che ha partecipato alle prime due giornate. Premettiamo che, per ragioni di privacy, la nostra linea editoriale non prevede la citazione dei relatori dei diversi convegni, succedutisi in 3 intense giornate, ma solo dei contenuti proposti. La loro autorevolezza è comunque garanzia che i temi trattati sono di grandissima importanza per capire l’ambiente in cui una associazione di volontariato opera, con particolare riguardo ai temi del lavoro. Il titolo della summer school era infatti: (e)labora, con il quale si intendeva significare che si chiedeva ai partecipanti di “elaborare” in proprio quanto esposto sul tema generale del lavoro.
Nella prima giornata, dopo i saluti degli organizzatori e delle autorità locali, si sono subito affrontati i problemi da cui oggi dipende tutto l’ordine mondiale. Essi sono l’immigrazione in Europa e le incertezze sulle economie dei Paesi emergenti come la Cina. Per il primo tema è stato ricordato come, per ragioni demografiche, l’Europa non può fare a meno della forza lavoro offerta dagli immigrati regolari; tuttavia è necessario combattere contro l’integralismo religioso islamico, che nulla ha a che vedere con gli ideali europei nati dalla rivoluzione francese. Si auspica quindi un governo mondiale che veda uniti i Paesi dell’Est e Ovest contro i pericoli derivanti da un “nazi-islamismo”, cioè da coloro che rifiutano l’immigrazione e dai nuovi “barbari invasori”, tenuto conto della guerra da combattere contro guerre e fame nel sud del mondo. Tale governo però non ha bisogno di “politici”, ma di “statisti” con una visione lungimirante.
Subito dopo si è entrati nel merito dei problemi italiani del mondo del lavoro, con riferimento al territorio che ospita l’evento, cioè l’Umbria. Essa è una piccola regione, che si basa su un tessuto di piccole-medie imprese di tutti i settori (tra tutti il tessile e la componentistica aerospaziale), ma anche sulla presenza di multinazionali di cui sono esempio le acciaierie Thyssen di Terni e la Nestlè-Perugina. Sono queste le due realtà più grandi del centro Italia, ma che hanno generato anche la crisi occupazionale più grande d’Italia. Per superarla, ciò che deve accomunare le imprese presenti sul territorio è la capacità di ricerca e sviluppo e quindi di innovazione, che ricadono su investimenti, export, qualificazione professionale e ripensamento qualitativo dei prodotti, con attenzione al riciclo. Con una felice espressione, si tratta di “mettere in rete mani e cervello per vendere nel mondo”. Ma l’Umbria intende puntare anche sull’industria agro-alimentare, sull’artigianato e su un turismo di qualità basato sulla bellezza dei luoghi e sull’accoglienza della gente locale. Ne deriva che è necessario proteggere, a livello politico, i “capitani d’eccellenza” cioè gli imprenditori che rispettano i criteri di cui sopra, non ultimo il benessere dei lavoratori e saper sfruttare gli incentivi Europei con progetti ben precisi. Non bisogna poi dimenticare le infrastrutture come l’Alta Velocità in senso latitudinale poiché l’Umbria è il punto di passaggio per le merci in trasferimento dal Tirreno all’Adriatico
Nella seconda giornata si inizia subito con il tema del turismo e della cultura, per il quale era stato elaborato, già dal governo Monti, un piano fino al 2020, mai applicato. E’ così che, pur essendo il turismo tra i primi settori per fatturato (superiore addirittura alle banche), i lavoratori soffrono di una sotto-occupazione (stagionale e con alto turn over), con livelli di stipendio bassi (soprattutto per le donne) e poche o nulle opportunità di carriera e di formazione. Occorre fare formazione soprattutto per le imprese, che devono capire come attrarre, riconoscere e trattenere il personale migliore. Ma più attenzione va riservata anche ai turisti, per evitare che vengano in Italia una sola volta e non vi ritornino a causa della carenza di servizi. Per riportare il turismo in Italia ai posti che le competono in Europa e nel mondo, per le sue bellezze e i suoi beni culturali, la strada passa attraverso una sempre maggiore presenza di persone qualificate. Si consideri poi che proprio per queste caratteristiche, l’Italia non soffrirà mai della concorrenza cinese, ma pare necessario far accedere al turismo culturale le famiglie italiane (specie se con bambini) e i “non addetti ai lavori” in attività teatrali, concertistiche o sportive che tengano conto delle oscillazioni del gusto (ad es.percorsi in bicicletta attraverso luoghi naturalistici). Se poi si pensa che solo il 15% dei turisti si spinge a sud di Roma, il nostro Sud appare come un bacino enorme per l’utenza turistica, purchè servizi e infrastrutture (alta velocità) si adeguino ai flussi potenzialmente generabili, considerato anche che per la mitezza del clima tali flussi potrebbero durare per quasi tutto l’anno, con positive ricadute sull’occupazione, soprattutto giovanile. Appare necessario che l’imposta di soggiorno divenga una tassa “di scopo” per essere reinvestita in attività turistiche e culturali
Sempre nella seconda giornata si continua con un tema che pare lontano dal mondo del lavoro, come quello dello sport. E’ una vera sorpresa scoprire le difficoltà di quei giocatori di calcio che, non avendo raggiunto la popolarità (e la ricchezza) delle grandi “star” della serie A, magari perché in campionati minori o semi-dilettantistici, hanno problemi di reinserimento lavorativo, aggravati dal fatto che non sono più giovanissimi. Un problema a parte è la violenza negli stadi che potrebbe essere vinta solo se lo stadio diventerà un luogo di aggregazione per le famiglie, con ristoranti, negozi, sale per convegni, dove trascorrere tutta la giornata: anche qui vi sarebbe un incremento dell’occupazione. Altra sorpresa è la spiegazione di come vengano utilizzati gli enormi introiti dei diritti televisivi, non come ci si aspetterebbe, per costruire nuovi e moderni stadi, ma per vere e proprie speculazioni edilizie, dal momento che le squadre di calcio sono ormai proprietà di finanziarie anonime e non di persone. Per gli sport minori, come l’atletica e il ciclismo, sorge invece il problema del doping per la sfrenata competitività degli atleti che, se donne perdono addirittura le tutele per la maternità. Il problema nasce fin dall’infanzia, quando sono i genitori stessi a spingere i figli alla competizione, anche al di là delle loro forze. Si tratta di vero e proprio “mobbing” esercitato con violenze psicologiche su persone deboli. Un caso a parte è l’avviamento allo sport dei disabili, che possono così affrontare sfide impensabili: per loro è pensabile l’introduzione dell’educazione motoria nella scuola primaria, disciplina che offrirebbe posti di lavoro a insegnanti in ciò specializzati
Si prosegue con la declinazione di nuove attività lavorative offerte dalla “sharing economy” e dall’economia “verde”. Vengono citati numerosi servizi in cui c’è scambio e condivisione del lavoro. Essi presuppongono: fiducia negli sconosciuti, riduzione delle mediazioni e dell’inquinamento. Vengono citati i servizi di condivisione (blablacar) delle spese di viaggio in auto che trasformano un oggetto (l’auto vista come status symbol) in un servizio, l’affitto di stanze libere in abitazioni private (Rent B&B) e i taxi privati (Huber). Questi servizi o non sono soggetti a tasse o appartengono a multinazionali con sede in paradisi fiscali. Esiste poi il baratto amministrativo per cui i volontari che si impegnano in attività sociali (manutenzione giardini e parchi) ricevono sconti fiscali. Ma è nella “fabbrica 4.0” che gli imprenditori devono dimostrare di voler diventare “imprenditori sociali”. Infatti la 4° rivoluzione industriale (da cui prende il nome il progetto “fabbrica 4.0), che viene dopo quelle della meccanizzazione tramite acqua e vapore, della produzione di massa fordista attraverso l’elettricità, della rivoluzione digitale dei sistemi elettronici, ha come obiettivo la “smart factory” o fabbrica intelligente, la cui gestione dovrà gestire il cambiamento e superare il capitalismo tradizionale in crisi ed in ciò devono trovare l’appoggio della politica come “vettore di condivisione”. Se ne sta già occupando la Commissione Europea con l’intento di definire i contorni della sharing economy per intervenire su questo nuovo enorme mercato che offre opportunità di lavoro ai giovani che investono nelle “start up”, a partire dall’agricoltura fino ai software web, anche in tempi di crisi. Per quanto riguarda la green economy si sottolinea come dal “grigio” dei fumi delle fabbriche, si stia tornando al settore primario dell’agricoltura, che, in ambito occupazionale, si porta dietro i fenomeni deteriori del caporalato, mentre un’occupazione tutelata e alla luce del sole si avvantaggerebbe dal fatto che l’agricoltura non è de localizzabile.
In conclusione di giornata viene presentata l’enciclica “Laudato sì” come cura della casa comune. Il relatore prende spunto da questo termine ricordando che “comune” è il contrario di “immune” cioè senza obblighi, mentre la casa comune obbliga alla responsabilità e sottolinea come “pontifex” significhi “costruttore di ponti”. Vi sono condizioni storiche nella Chiesa che hanno reso possibile l’Enciclica dopo la conclusione del Concilio Vaticano II, ma già a partire da Budda, Gesù e San Francesco l’attenzione per il povero era la pietra fondamentale su cui costruire una dottrina sociale cristiana, contrastando le ingiustizie del mondo. Ma anche la considerazione “ecologica” del mondo (la vera novità dell’enciclica) nasce dal presupposto che esso è un organismo vivente, in cui tutto lavora e produce energia (en-ergon, in greco), al contrario della materia inerte, che non lavora. Papa Francesco si rivolge a ogni persona e supera le concezioni di precedenti encicliche solo religiose. Nella sua visione l’ecologia è integrale, cioè abbraccia tutte componenti del mondo, anche quelle sociali e culturali e perciò il mondo materiale, di cui sono espressioni la tecnologia e la finanza richiede una nuova dimensione contemplativa, dove non si pensi a guadagnare, ma a seguire il giusto. Questa è la “sapienza” attraverso la quale la tecnologia farà progredire l’umanità nell’incontro generoso tra persone, né antropocentrico (solo l’uomo è una risorsa) né biocentrico (solo l’uomo è la cosa peggiore del pianeta). Ne consegue che occorre tutelare sia il lavoro che la natura in una ecologia sociale che tenga conto delle interconnessioni, di cui non abbiamo ancora coscienza. Infatti l’uomo non esisterebbe se non esistesse l’acqua, le nuvole, gli alberi e se non entrasse in relazione con loro. E’ un’idea nuova per il cattolicesimo, per cui la terra (disprezzabile perché valle di lacrime) era dipendenza originaria dal divino e non interconnessione. Se Dio è unico, anche il mondo è unico e uniche sono la ragione e la verità. La connessione non toglie le differenze: spirito e materia non sono nemici, ma solo diversi. Si può ribattere a questa concezione dicendo che era già presente nelle religioni orientali, così come non sono chiari gli accenni alla compatibilità tra crescita demografica e sviluppo e quelli a una natura de-mitizzata, mentre per una vera sfida ecologica sarebbe bene ri-mitizzare luoghi come boschi e montagne. Le ipotesi di lavoro che traspaiono dall’enciclica sono rivolte innanzitutto alla politica che deve farsi carico della riduzione del debito ecologico che i paesi ricchi hanno verso quelli poveri con la produzione di inquinamento e l’esportazione di rifiuti tossici, ma, in secondo luogo, alle singole persone che devono trasformare le sofferenze del mondo in sofferenze personali. In sostanza siamo in presenza di nuova “epoca assiale” che sostituirà quella originatasi nel 5°/6° secolo A.C. con la nascita delle religioni e della filosofia e a cui tutti gli altri secoli si sono aggrappati.
Per la terza giornata, cui il nostro volontario non ha potuto partecipare, si rimanda chi fosse interessato al sito www.lavorowelfare.it dove si possono vedere in diretta streaming gli interventi sui temi di “lavorare in sicurezza” e “dialogo sul jobs act”. L’Associazione Lavoro&Welfare è presente anche su Facebook e Twitter.