Il Centro di Formazione Rurale

Ci sono luoghi della terra dove il tempo sembra scorrere più lentamente, i cambiamenti richiedono più tempo, la vita ha un’altra dimensione. Quando per la prima volta ci siamo recati a Jangany era il 1999 e la prima impressione è stata quella di aver fatto un viaggio a ritroso nel tempo ed essere approdati all’età del ferro. Poche persone, una vita breve e difficile, un’economia di sussistenza, un fatalismo disarmante.

La zona in cui sorge il villaggio è isolata e lontana da vie di comunicazioni importanti. Le strade sono impraticabili nella stagione delle piogge e la disponibilità dei pochi prodotti agricoli conosciuti è strettamente correlata alle condizioni climatiche e alla precipitazioni.

 

 

La prima riflessione fatta con i missionari sul territorio è stata quella di come risolvere il problema della fame e garantire un’alimentazione sufficiente e più sana alla popolazione. Abbiamo quindi puntato sullo sviluppo dell’agricoltura con prodotti nuovi compatibili con clima e terreno e attrezzature meno primitive per l’agricoltura.

La missione ha acquistato un appezzamento di terreno di 57 ettari , si è introdotto l’uso dell’aratro, si sono introdotte coltivazioni di ortaggi e verdure a loro sconosciuti: pomodori, zucchine, peperoni, spinaci… ma soprattutto si è iniziato un lavoro di formazione con i ragazzi del posto per renderli più capaci di coltivare e far rendere il terreno.

Per far questo si è coinvolto un agronomo con esperienza in terra africana, si è fatto analizzare il terreno e  sono state  inviate sementi selezionate e, attraverso lo scavo di alcuni pozzi, si è aumentata la disponibilità di acqua per l’irrigazione, anche se nei periodi di siccità tutto diventa più difficile .

Il lavoro di formazione dei giovani si è subito scontrato con mentalità e culture restie a ogni cambiamento in nome del rispetto delle tradizioni degli antenati. L’utilizzo di nuovi strumenti e l’inserimento di nuove colture ha incontrato grandi difficoltà. Lentamente, con grande rispetto e attenzione, cercando di spiegare il senso di quel che si voleva fare e dimostrando, nei fatti, i vantaggi di tutte queste novità, siamo riusciti a “coltivare lo sviluppo” cioè a garantire un’alimentazione sufficiente nella quantità e varia, in modo da migliorare anche la salute degli abitanti del villaggio.

Oggi la disponibilità di prodotti è buona anche se la povertà del terreno, l’impossibilità di disporre di fertilizzanti e macchine agricole non permette di sviluppare tutte le potenzialità che avevamo progettato. E’ difficile allevare galline, conigli perché mancano i mangimi e questi animali sono esposti ad ogni forma di malattia. Nella loro cultura l’allevamento degli zebù è molto presente e questo garantisce nella dieta un po’ di carne , mentre per i maiali e le capre i problemi sono culturali in quanto considerati animali “impuri” e , soprattutto le capre, sono viste come animali portatori di sventure!!!!

Dopo 30 anni il problema della fame ha trovato una soluzione e nessuno nel villaggio deve percorrere troppi Km per accedere a prodotti importanti per la sussistenza. Si è anche sviluppato un mercato ortofrutticolo che permette lo scambio dei prodotti e crea una piccola economia locale. Il centro agricolo può ancora esprimere al meglio molte delle sue potenzialità ma la strada è stata tracciata e sarà compito degli abitanti di Jangany, con i loro tempi, le loro tradizioni e la loro volontà a far progredire la vita, l’economia e la salute.

Puoi approfondire i dettagli con un click sul progetto Coltiviamo lo sviluppo

 

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