2016/2017 – Una scossa per Jangany (progetto energetico)
Quando ti rechi in uno sperduto villaggio del sud del mondo, in un luogo isolato, lontano da ogni via di comunicazione, impossibilitato a comunicare se non con sistemi Radio alimentati da generatori improbabili, senza energia elettrica e con pochissima acqua a disposizione, ti rendi conto di come non sia scontato tutto ciò che per noi risulta naturale e acquisito nella normalità.
Proprio per questo abbiamo pensato e realizzato questo progetto dal titolo ”Una scossa per jangany” dove , senza troppa fantasia, il vocabolo “scossa” indica proprio un fenomeno violento che provoca cambiamenti repentini in una situazione. Pensare ad un simile progetto chiede competenze che non avevamo, materiali decisamente costosi, capacità di organizzazione certamente superiori alle nostre possibilità. E’ proprio in queste situazioni che diventi spettatore stupito di meraviglie che accadono senza che tu possa darne spiegazioni troppo razionali.
Tramite legami di amicizia e contatti di lavoro siamo riusciti a coinvolgere la ditta Solaris-Tech di Settimo torinese che con enorme disponibilità e generosità ha pensato al progetto, fornito i materiali, organizzato il trasporto e la realizzazione di un impianto fotovoltaico da 64 Kw che ha dato energia elettrica alla scuola e al villaggio, alimentato le pompe dei due pozzi esistenti, garantito l’alimentazione dell sistema di telecomunicazioni.
Questo progetto è stata una vera “scossa” per il villaggio , l’illuminazione pubblica ha ridotto il numero di furti di bestiame che avvenivano di notte col favore dell’oscurità totale, ha permesso ai ragazzi della scuola di studiare anche nelle ore serali, ha dato continuità alla fornitura d’acqua potabile con un prelievo costante dai due pozzi esistenti e ha messo in comunicazione il villaggio con il resto del mondo tramite telecomunicazioni meno saltuarie. La disponibilità di energia elettrica ha reso possibile anche l’utilizzo di alcuni strumenti di lavoro e favorito alcune semplici attività.
Per realizzare tutto questo ci sono voluti tre anni e tre “missioni in loco” da parte di personale specializzato, ma la meraviglia è che tutto questo si è realizzato con un’azione di “volontariato” vero dove le persone coinvolte hanno agito con spirito di solidarietà, mossi dal desiderio di migliorare la vita degli abitanti di questo piccolo e insignificante villaggio sull’altopiano dell’Horombè.
Nel settembre 2016 si è concluso un progetto più grande di noi. Chi lo ha vissuto ha toccato con mano un aiuto giunto “dal cielo” che si è intrecciato con la collaborazione e l’aiuto di tante persone che hanno lasciato irrompere la vita del villaggio di Jangany nella loro.
Un progetto durato tre anni, tra progettazione, raccolta di fondi, preparazione del materiale, spedizione dei container in una delle zone più remote del pianeta, difficile da raggiungere con i TIR, e la messa in opera in situazioni di precarietà di mezzi quasi totale. Certo occorrerà prevedere uno sviluppo di tale progetto, perché le persone nel villaggio sono destinate a crescere di numero e le esigenze aumenteranno, ma questa sarà una preoccupazione per i prossimi anni.
Ora nel buio più totale della notte della savana, da Km di distanza brilla la luce dei 6 lampioni dell’illuminazione pubblica del villaggio, una piccola luce che ci ricorda che l’impossibile può realizzarsi nella misura in cui le persone si lasciano interrogare dalle esigenze dei più poveri e mettono a disposizione competenze, tempo e passione per migliorare la vita di chi si è trovato a vivere in una realtà certamente meno fortunata della nostra.
“La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare […]. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune» [Papa Francesco. Lettera Enciclica Laudato si’. Sulla cura della casa comune. Maggio 2015].
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